sabato 20 aprile 2019
Che significato hanno per noi le cattedrali europee? Guardate ai loro tetti, spesso costruiti come carene di navi. Il modello che le ispira è l’Arca di Noè: e ci dicono che non ci salveremo da soli...
Notre-Dame in fiamme (Ansa)

Notre-Dame in fiamme (Ansa)

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Il fuoco, dunque, ha rischiato di distruggere uno dei simboli della cristianità, Notre-Dame di Parigi. I turisti attorno alla chiesa non cessano di scattare fotografie, catturati dalla catastrofe, come in un grande e terribile spettacolo, di sapore cinematografico. Ma di fronte alle rovine altri restano invece muti, e sono assaliti da domande inattese. Forse vedono davvero Notre-Dame per la prima volta, perché per la prima volta si chiedono cosa avrebbe significato perderla. Questo è il punto.

Che significato hanno per noi le cattedrali che nobilitano le città europee? Guardate ai loro tetti, spesso costruiti come carene di navi. Il vero modello che le ispira è l’Arca di Noè: come grandi navi che solcano non il mare ma il cielo, il compito di questi vascelli di legno e pietra e marmo è salvarci, portarci oltre il diluvio che ci attende al termine della nostra vita. Sono il simbolo che il nostro viaggio non finisce qui. Non solo.

La straordinaria potenza che le cattedrali hanno sul nostro immaginario si lega agli spazi. Sono grandi come piazze, articolate e misteriose come città. Ognuna è una metropoli, come Victor Hugo sapeva benissimo. Quello che le cattedrali ci dicono, con la loro dimensione, è che non ci salveremo da soli, perché nella Chiesa siamo collegati agli altri, e muoviamo verso una medesima Terra Promessa. Agostino la definiva Città di Dio, ed è appunto l’orizzonte verso il quale le cattedrali ci portano, tutti assieme. Come tutti assieme, uomini e animali, gli esseri viventi salivano sull’Arca.

C’è dunque un simbolismo potente nel fatto che si sia incendiato il tetto di Notre-Dame, ovvero la carena della nave: in quello squarcio si insinua il dubbio della fragilità della nostra fede. Se anche l’Arca di Noè va a fuoco, cosa ci rimane, chi ci porterà in salvo? Sono queste le domande che gli uomini devono essersi fatte, consapevolmente o meno, in occasioni di altri roghi di chiese celebri. Uno dei più terribili fu quello che nel 1666 distrusse la cattedrale di Saint Paul a Londra, coinvolgendo proprio il tetto oltre a buona parte delle strutture. Bruciava la chiesa, bruciava la città. Ma quella cattedrale che andava a fuoco era un edificio ricostruito dopo un altro enorme incendio che aveva distrutto nel 1087 la cattedrale precedente.

E proprio questa serie di catastrofi e palingenesi, morti e rinascite, suggerisce una lettura mistica del rogo di Parigi. Una lettura che trascende ogni possibile causa, anche politica. Nella Bibbia il fuoco è manifestazione di Dio, che a Mosè si rivela proprio all’interno di un roveto ardente: «Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero... e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava». Per tutte le religioni i roghi sono il luogo del sacrificio, lo strumento di un contatto intimo, appassionato tra gli uomini e gli dei. E allora viene da pensare che qualche volta persino gli dei si immolano per ricordarci che esistono.

Improvvisamente sottratta allo sguardo economico e predatore dei turisti, Notre-Dame si è sacrificata per ritornare luogo del sacro. Come la Fenice risorgerà dalle sue ceneri e sarà di nuovo una chiesa, non solo un crocevia di macchine fotografiche, guide e zainetti. Perché i roveti ardenti della fede portano in loro un fuoco che li rinnova, nel momento stesso in cui sembra distruggerli. Italianista, University of Pennsylvania

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