No ai muri e ai reticolati, il Parlamento europeo si faccia sentire subito
mercoledì 17 novembre 2021

Gentile direttore,
la prima pagina speciale di "Avvenire", pubblicata ieri, 16 novembre 2021, denuncia con autorevolezza il dramma che attraversa oggi il nostro Continente. Il muro, lungo ben 187 km, che il governo polacco ha annunciato di voler costruire al confine con la Bielorussia non rappresenta solo una ulteriore cesura nel cuore dell’Europa, ma anche una evidente sconfessione di quei princìpi e valori che hanno reso l’Europa uno spazio unico per la tutela dei diritti umani nel mondo.

Le nuove e più dure sanzioni europee contro il regime di Lukashenko sono la giusta risposta verso chi sta dimostrando ancora una volta cinismo e ferocia: utilizzare delle persone in difficoltà per destabilizzare l’Unione Europea, così come sta facendo l’attuale governo della Bielorussia, è un atto vile e che va condannato con forza. Tuttavia, anche e soprattutto davanti a questi palesi ricatti bisogna restare solidali e umani.

L’Europa dei muri e dei fili spinati non è quella che i Padri fondatori hanno sognato ed è sbagliato criminalizzare i migranti che non hanno colpe se non quella di cercare casa, lavoro e dignità dopo che casa, lavoro e dignità sono stati negati nei loro Paese d’origine. Trentadue anni dopo la caduta del muro di Berlino, grazie anche ai silenzi compiacenti di Bruxelles e di tutte le capitali europee, questo nuovo muro anti-migranti rischia di diventare il simbolo di un’Europa divisa che non ha imparato nulla dagli errori del passato.

L’Unione Europea deve dunque reagire e chiedere alla Polonia di applicare la Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951, che considera il diritto di asilo non come un optional, ma come parte delle fondamenta della nostra democrazia. Sul rispetto di questo principio anche il Parlamento europeo deve far sentire la propria voce con una riforma del regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione che sia ambiziosa e solidale. Purtroppo invece dobbiamo registrare passi indietro: la bozza presentata dal relatore del Ppe Tomas Tobé, confermando il criterio del Paese di primo ingresso ed eliminando ogni riferimento al ricollocamento quale misura di solidarietà, di fatto derubrica il fenomeno migratorio come questione nazionale.

Ormai è evidente a tutti che il criterio del Paese di primo ingresso penalizza i Paesi di sbarco e quelli di primo arrivo, come Italia e Polonia in questo caso, perché a questi vengono attribuiti tutti gli oneri di screening, di sicurezza, le verifiche sulla fondatezza della domanda di asilo e le eventuali procedure di rimpatrio. Un sistema europeo comune di asilo informato al rispetto dei diritti umani non dovrebbe prescindere dalla previsione di vie legali di accesso e di un meccanismo di ricollocazione automatico e obbligatorio dei richiedenti asilo che implementi i princìpi della solidarietà e dell’equa ripartizione delle responsabilità tra Stati membri.

L’alternativa ai muri è l’assunzione di responsabilità di tutti i Paesi della Ue.

I leader europei sono ancora in tempo: fermino l’ideologia sovranista polacca o saranno corresponsabili di questo muro, nuova vergogna d’Europa, che rinnega la sua essenza, quella di una comunità nata per far prevalere la pacificazione dei popoli, il dialogo, la libertà e i diritti fondamentali dei cittadini. Noi faremo di tutto per impedire la costruzione di questo muro. E se non ci riusciremo sarà la storia a giudicarci.

Laura Ferrara è deputata europea del Movimento 5 Stelle


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