sabato 8 gennaio 2022
Dagli investimenti sostenibili alle cause ambientali vinte, dai panda salvati alla difesa dei territori indigeni: la mobilitazione ambientale produce molti risultati positivi
Piantati 220 nuovi alberi in parco Fiumicino

Piantati 220 nuovi alberi in parco Fiumicino - Ansa

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Per decenni è stato il simbolo dell’emergenza. Dalla scorsa estate, invece, il panda gigante non è più un animale in via di estinzione. Lo hanno dichiarato a luglio le autorità cinesi, specificando che il numero di questi animali in natura è arrivato a 1.800 e riclassificando la specie come “vulnerabile”. Poco meglio degli orsi polari, da sempre simbolo degli effetti negativi del riscaldamento globale. Secondo una rilevazione del 2019, su 19 sottopopolazioni di questi mammiferi, due sono aumentate, quattro diminuite e di otto non esistono dati disponibili: la loro sopravvivenza rimane critica, ma il declino demografico sta rallentando.

Panda e orsi polari sono bandiere dell’attivismo ambientale: il fatto che la loro presenza nell’anno appena passato registri (timide) tendenze positive è solo un esempio di quanto di buono si è fatto per l’ambiente nel 2021 e negli ultimi anni. Ad esempio, le emissioni di CO2 in Europa sono in calo continuo dal 1990 (al momento, -24%) e sono diminuite del 15% anche negli Usa negli ultimi dieci anni. Se poi ci spostiamo sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, abbiamo – in teoria – sconfitto la fame nel mondo. Oggi produciamo cibo per oltre 10 miliardi di persone e secondo la Fao potremmo ampliare ulteriormente la produzione. La ragione del fatto che ancora oggi 800 milioni di persone soffrano la fame (200 in meno di 10 anni fa) sta nella sciagurata distribuzione del cibo: molti ne hanno in eccesso, pochi non ne hanno abbastanza.

Grandi traguardi attraverso piccoli passi concreti. Se guardiamo il bicchiere mezzo pieno, dopo il brindisi all’anno nuovo, quello appena trascorso ha portato notizie promettenti e conquiste concrete in un’ottica evolutiva sostenibile. Attenzione, però: il 2021 è stato anche l’anno che ha vissuto le temperature più alte mai registrate in assoluto o dove gli incendi in Italia sono stati superiori del 250% rispetto alla media. Ma anche l’anno dove i semi piantati nella sensibilità comune sull’urgenza di una rivoluzione complessiva per costruire una società più sostenibile hanno cominciato a crescere. Pochi, nascosti: ma importanti e indiscutibili.

Innanzitutto, il 2021 ha confermato un cambiamento culturale. Lo rivelano, tra gli altri, i dati delle ricerche on-line. Meta, il nuovo brand di Mark Zuckerberg, ha presentato una panoramica sui momenti più significativi dell’anno nel- le discussioni e nei commenti su Facebook e Instagram a livello mondiale. Temi dominanti nelle conversazioni digitali del 2021 sono stati l’ambientalismo e la sostenibilità, in particolare gli utenti si sono trovati spesso a parlare di: biodiversità, delfini, clima, livello del mare, auto elettriche, mobilità sostenibile e risparmio energetico. Anche Google ha pubblicato “Un anno di ricerche”, report che identifica i trend principali nelle domande fatte sul suo motore di ricerca durante l’anno trascorso. Nel 2021 l’interesse di ricerca per “come tutelare l’ambiente” ha raggiunto il suo massimo storico a livello mondiale e il numero di ricerche circa la tematica “sostenibilità” ha superato ogni record assoluto. A quanto pare, la pandemia non ci ha rinchiusi sul presente, ma ci ha spinti a pensare al futuro. Un effetto globale, tradotto in semi efficaci per sviluppare la transizione energetica: a livello micro, i comportamenti d’acquisto; a livello macro, gli investimenti.


Le emissioni di CO2 in Europa
sono in calo dal 1990
e sono diminuite del 15%
anche negli Usa negli ultimi dieci anni
Le obbligazioni sostenibili nel 2021
sono cresciute del 60%
Nel 2020 nel Vecchio continente la produzione
di elettricità da rinnovabili ha superato
per la prima volta quella da fossili


I mercati privati e gli investitori credono in un futuro energetico pulito. Lo testimonia il capitale privato investito globalmente nella transizione energetica, che è cresciuto fino a 500 miliardi di dollari. E le emissioni di obbligazioni sostenibili, che nel 2021 sono state il 60% in più rispetto al 2020. A cosa servono questi investimenti? A spingere la rivoluzione energetica nel nostro modo di vivere. I dati confermano che la direzione intrapresa è quella giusta. Nel 2020 nel continente europeo la produzione di elettricità da rinnovabili ha superato per la prima volta quella da fossili. Per fare un esempio, la Scozia quest’anno si è avvicinata al 100% di elettricità consumata prodotta con rinnovabili: nel 2011 era appena al 37%. Non solo incentivi: nel 2021 si è fatto moltissimo a livello istituzionale per scoraggiare l’impiego di derivati fossili. Alla Cop 26 di Glasgow oltre 100 Paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030 e altri ad eliminare il carbone. Nell’appuntamento scozzese un centinaio di nazioni, tra cui il Brasile, ha promesso di porre fine alla deforestazione entro il 2030, e sono stati stanziati 1,7 miliardi di dollari per sostenere le popolazioni indigene a promuovere i loro diritti alla terra.

È il risultato di un’onda cresciuta negli ultimi dieci anni e che ha portato indigeni e attivisti a usare le aule di tribunale per sfidare lobby e aziende dell’economia fossile. Climate action, azioni legali a tutela dei diritti, condanne contro inquinatori: mai come quest’anno i giudici hanno sentenziato a favore delle istanze climatiche e ambientali. La vittima più emblematica delle vittorie giudiziarie “green” del 2021 è stata la Shell. A gennaio, una corte olandese ha condannato la compagnia a risarcire gli agricoltori nigeriani dei danni provocati dagli sversamenti di petrolio nella Repubblica del Niger nel 2008. E a maggio un tribunale dell’Aja ha emesso una sentenza storica obbligando la multinazionale petrolifera a ridurre le sue emissioni del 45% entro il 2030. Il 2021 è stato anche l’anno delle climate litigation, azioni giudiziarie promosse da cittadini contro singoli Stati per il mancato rispetto degli obiettivi ambientali: in Olanda e in Francia quest’anno i proponenti hanno ottenuto ragione. Negli ultimi anni sono state depositate istanze simili in Belgio, Colombia, Norvegia, UK. E adesso in Italia: nel 2021 la climate litigation “Giudizio universale” intentata da un gruppo di associazioni contro lo Stato italiano è entrata nel vivo.

Oltre agli attivisti, le tribù indigene e le comunità locali hanno ottenuto grandi vittorie legali. In Messico, la Corte Suprema ha vietato nel Paese la semina e la circolazione di prodotti Ogm (il “mais” della Bayer-Monsanto) da sempre criticati dai coltivatori locali: una vittoria davvero emblematica. A Panama i Naso, uno dei sette gruppi indigeni del luogo, si sono riappropriati delle antiche terre della propria tribù. Gli Inuit in Groenlandia sono riusciti ad arginare un vastissimo progetto che prevedeva l’estrazione dell’uranio negli enormi giacimenti minerari nazionali. In generale, tra il 2016 e il 2021 sono stati circa 21 i progetti per la costruzione di infrastrutture legate ai combustibili fossili bloccati o ritardati dalle popolazioni indigene del nord America: l’anno appena passato ha visto una delle vittorie più importanti, la cancellazione dell’enorme gasdotto della compagnia Keystone. L e comunità locali sono state la spinta al cambiamento anche in Italia, attraverso sentenze inedite.

A dicembre il Tribunale di Gorizia ha emesso la prima condanna in Italia contro una ditta per pubblicità ingannevole: si professava green, ma era solo greenwashing. A Livorno, il tribunale ha reso giustizia ad un lavoratore degli impianti Solvay, morto per via di un cancro ai polmoni provocato dall’amianto: la compagnia di Rosignano è stata condannata per il reato di omicidio colposo. E a Taranto l’ex stabilimento siderurgico Ilva è stato condannato in primo grado per i danni provocati all’ambiente e alla popolazione. Tanti piccoli semi in un 2021 ancora segnato dalla pandemia. Parafrasando Lao Tzu, sono tutti segnali silenziosi di una foresta che cresce spesso sovrastata dal fragore dell’albero che cade.

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