martedì 20 dicembre 2022
L’Assegno unico, una buona riforma a metà. Occorre la volontà politica di riconoscere il vero valore della famiglia
Meglio il Quoziente o il Fattore famiglia?
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Caro direttore,
è tornato alla ribalta il tema del quoziente famigliare (QF) come forma di sostegno per i nuclei composti da più persone. Occorre chiarire bene i termini della questione, già dibattuta nel passato. Il QF divide il reddito complessivo di una famiglia per il numero dei componenti e applica al risultato così ottenuto la relativa aliquota fiscale. Questo sistema finisce con il favorire i percettori di reddito più elevato e quindi, pur comportando un lodevole contributo alla sussistenza dei nuclei più ampi e un correlato miglioramento dell'equità orizzontale tra i differenti percettori di uno stesso reddito, tende, tuttavia, ad accentuare i divari tra i vari scaglioni. Un semplice esercizio di simulazione, confrontando un reddito basso e uno superiore con un numero pari di membri della famiglia mostra che è maggiore il risparmio ottenuto dal reddito più elevato, con il conseguente peggioramento dell'equità di tipo verticale (confronto tra differenti livelli di reddito). Il Forum delle associazioni famigliari aveva proposto al posto del QF l'introduzione del fattore famiglia (FF) che prevede di sottoporre a imposizione fiscale non tutto il reddito lordo, ma solo la quota parte realmente a disposizione, che si ottiene deducendo da esso le spese obbligate necessarie per il mantenimento dei figli e famigliari a carico. Con l'FF i benefici monetari ottenuti da famiglie con differenti livelli di reddito sono sostanzialmente analoghi, sicché una migliorata equità fiscale di tipo orizzontale non pregiudica quella di tipo verticale. Cosa ne pensa? Buon lavoro e cordiali saluti.

Carlo Bernini Carri Cesena


Gentile lettore, il Direttore mi affida il compito di rispondere alla riflessione che suggerisce e inizio anticipando la conclusione: a mio giudizio la riforma migliore è quella che non resta sulla carta. Tanto il Quoziente, ispirato al modello francese, quanto il Fattore famiglia, più simile al sistema tedesco, sono preferibili rispetto a quanto prevede oggi il fisco italiano per i nuclei con figli, cioè quasi nulla. L’introduzione dell’Assegno unico (attesa, benedetta, e una volta tanto bipartisan: proposta da sinistra e approvata da tutti, anche a destra) ha infatti comportato l’eliminazione delle detrazioni per i figli a carico, lasciando il percorso di riforma a metà strada: se da un lato la platea delle famiglie beneficiarie di un sostegno per i figli è stata ampliata, dall’altro l’importo che arriva al ceto medio è troppo basso. Se si guarda proprio a Francia e Germania, dove assegni e sconti fiscali compongono un mix che concede a tutte le famiglie un beneficio di almeno 2-3.000 euro a figlio, si può capire il limite del nostro sistema. Ma veniamo alla differenza tra Quoziente familiare fiscale e Fattore famiglia fiscale. Personalmente non sono d’accordo con chi critica il Quoziente per il favore che concederebbe ai redditi più alti. È vero che il risparmio fiscale può essere maggiore se si dichiara un reddito elevato, ma chi guadagna di più, anche col Quoziente continua a pagare più tasse, a parità di figli a carico. Mi spiego meglio con un esempio (le cifre sono approssimative): se una famiglia con un reddito di 30.000 euro ottiene grazie al Quoziente uno sconto fiscale di 3.000 euro rispetto a un single, e arriva a pagare 3.000 euro di tasse, e una famiglia con un reddito di 50.000 euro beneficia di uno sconto di 6.000 euro e arriva a versare 10.000 euro di tasse, personalmente non vedo dove sia il problema. Certo, lo sconto concesso alla famiglia più “ricca” è più ampio e la progressività risulta attenuata. Ma alla luce del risultato concreto dire che il Quoziente “favorisce i ricchi” e che per questo “è iniquo” a mio parere è esagerato. In particolare, se il riferimento è il sistema fiscale italiano, dove l’unica imposta progressiva – nel proliferare di aliquote forfettarie e tasse piatte – è ormai solo l’Irpef per i lavoratori dipendenti, e dove uno dei pochi ambiti strategici non agevolati è proprio quello della famiglia con figli. Per il resto sì, concordo, il Fattore famiglia si presenta come più equilibrato rispetto al Quoziente, nel senso che i vantaggi fiscali che riconosce sono uniformi al variare del reddito. In virtù di una no tax area che cresce all’aumentare della prole, il premio fiscale, di fatto, è lo stesso per ogni figlio, a qualunque livello di reddito (ad esempio: 2.000 euro per un figlio, 3.000 per due...). Quando il Forum delle Famiglie ha proposto il Fattore, una decina di anni fa, è stato proprio per suggerire un sistema più in linea con il contesto culturale del nostro Paese ed evitare le obiezioni che da più parti venivano avanzate contro il Quoziente. Purtroppo, né il Quoziente, né il Fattore famiglia hanno trovato cittadinanza. L’unica riforma che la politica ha dimostrato di comprendere e appoggiare è stata quella dell’Assegno unico e purtroppo poco universale: nodo, questo, appena segnalato dal direttore Tarquinio in dialogo con un altro lettore ( tinyurl.com/italpoli ). Il Fattore è più simile al modello tedesco, dove esiste un assegno di circa 220 euro mensili a figlio, uguale per tutti, ma dove chi dichiara di più può rinunciare al benefit e beneficiare di una deduzione che trasforma il sostegno per la prole da erogazione monetaria a sconto fiscale. In questo caso, il beneficio aumenta rispetto all’assegno, anche se non di molto. Il modello migliore? Personalmente importerei così com’è il sistema tedesco, solo perché al momento più generoso della proposta del Fattore famiglia, ma non avrei alcuna obiezione rispetto al Quoziente francese. Non è, infatti, un problema di formule. In questo momento difficile per la natalità l’Italia deve riuscire a rendere più ampi e universali i sostegni economici e fiscali legati ai figli. La strada deve portare a definire un sistema di benefici coerente con l’obiettivo di invertire una tendenza negativa, sapendo che le politiche contro la povertà sono tutta un’altra cosa rispetto a quelle per la natalità. Un concetto che in Italia ha sempre fatto fatica ad affermarsi, tanto a sinistra quanto a destra. La crisi demografica del nostro Paese si spiega in gran parte anche così.

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