I medici obiettori discriminati I ministri che dicono?
giovedì 5 luglio 2018

Quando si parla dell’agenda del nuovo Governo, i protagonisti fanno sempre riferimento al «contratto» che hanno stipulato: quello che c’è scritto sarà fatto, il resto sarà accantonato. Sulla questione antropologica, sempre divisiva, si è concordata tra gli alleati una “pax governativa”, una sorta di moratoria. Ma c’è un equivoco che va chiarito: il mondo va avanti, e mille cambiamenti significativi si riversano ogni giorno sugli italiani.

Il «contratto», come è ovvio, non può impedire che avvengano fatti a cui bisogna fornire una risposta urgente: se nel patto non c’è scritto nulla su alluvioni o terremoti, nel caso si verifichino sarà comunque indispensabile occuparsene. E così accade sui temi eticamente sensibili. Questo è tanto più necessario in quanto non è più in Parlamento che ormai passa la rivoluzione antropologica. In tutti i Paesi, ormai, quello che è stato definito “il mondo nuovo”, si radica e si afferma senza passaggi legislativi, considerati troppo rischiosi e troppo soggetti all’opinione pubblica. Le strade sono altre.

Ci sono i tribunali, la Corte costituzionale, le amministrazioni locali, i progetti nazionali e internazionali, i protocolli sanitari, le operazioni mediatiche e culturali, e mille altri rivoli attraverso cui si creano situazioni di fatto da cui poi non si torna più indietro.

Due giorni fa, per esempio, il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato una delibera intitolata “Indirizzi e criteri per garantire l’effettivo accesso alle procedure per l’interruzione della gravidanza”. La motivazione è sempre lo stesso mantra sentito centinaia di volte: gli obiettori di coscienza sono troppi, e impediscono l’applicazione della legge sull’aborto. Peccato che la stessa Regione abbia trasmesso al Ministero della Salute dati che dicono l’esatto contrario. Nell’ultima relazione al Parlamento sull’applicazione della 194, infatti, si può leggere che in Piemonte il numero dei cosiddetti punti Ivg – cioè le strutture in cui si possono effettuare aborti – supera quello dei punti nascita: 2,9 punti nascita contro 3,5 punti Ivg.

È più facile trovare un luogo dove abortire che uno dove far nascere un bimbo. Sempre dai dati raccolti dalla Regione sappiamo che il numero di aborti effettuati da ciascun ginecologo non obiettore è 1,3 a settimana. Un dato persino inferiore alla media nazionale, già molto bassa (1,6). E allora dove nasce l’allarme? Dal solito trucco: si cita solamente il numero assoluto degli obiettori, senza considerare se i medici non obiettori, quelli che cioè praticano gli aborti, sono in numero sufficiente a coprire la richiesta di Ivg oppure no.

È stato questo il cavallo di Troia con cui in questi anni si è portata avanti una ostinata battaglia, tutta ideologica, contro l’obiezione di coscienza, ignorando serenamente i dati reali. Il tocco surreale alla questione lo offre il contrasto schizofrenico tra quello che la Regione comunica al Ministero e quello che afferma nella delibera: da una parte si certifica che il carico di lavoro è assolutamente accettabile (poco più di un aborto a settimana) e dall’altra si sostiene che servono assolutamente più medici disposti a praticare aborti. Ma il nodo della delibera è un altro: dopo aver parlato di mobilità del personale all’interno della Regione (già prevista dalla stessa legge 194, quindi applicabile senza alcun bisogno di votare nuove delibere), si prospetta un’altra soluzione: le «assunzioni rivolte ai medici che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza».

È questo il vero obiettivo dell’iniziativa: assumere solo non obiettori, cioè discriminare e penalizzare chi osa obiettare; una strada, peraltro, già aperta da Zingaretti nel Lazio. Se non ci sarà un intervento chiarificatore del Ministro del Lavoro – per ricordare che non è possibile effettuare discriminazioni sul lavoro – e del Ministro della Salute – per ribadire la realtà dei dati raccolti dalla stessa Regione – l’attacco alla libertà di coscienza, che per tanti anni è stato efficacemente contrastato, avrà di nuovo successo. È questo è un male per tutti.

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