Manovra, tre consigli per la spesa
venerdì 14 settembre 2018

La legge di bilancio che si va delineando in questi giorni sarà la partita decisiva non solo per il "governo del cambiamento", che su questa si gioca buona parte del rapporto di fiducia con i propri elettori, ma per tutto il Paese che, in caso di fallimento, rischia oltre a turbolenze sui titoli pubblici soprattutto di vedere sfumare i benefici della ripresa economica che abbiamo appena "assaggiato" negli ultimi anni. Che la prossima manovra sia positiva, utile e quanto più possibile equa è dunque interesse di tutti. Ecco allora tre modesti "consigli per gli acquisti" o meglio per "la spesa" – assolutamente non richiesti – per contemperare i legittimi interessi politici dei giallo-verdi con le altrettanto legittime attese degli italiani, in un quadro realistico di finanza pubblica.

Il primo "consiglio" riguarda il fisco. Il progetto di Flat tax, al di là dei presunti effetti propulsivi sui consumi e lo sviluppo, sconta il difetto sostanziale di avvantaggiare in maniera notevole i redditi più alti rispetto a quelli medi e bassi, che rischiano anzi di essere penalizzati per il gioco delle detrazioni che dovrebbero essere cancellate. La Lega, che ha messo il progetto fiscale al centro del suo programma (e che su questo tiene vivo e teso il legame con il resto del centrodestra), ha la necessità di non mancare l’obiettivo e al contempo, però, evitare di drenare troppe risorse e di prosciugare il "pozzo" dal quale deve attingere anche l’alleato M5s per il suo reddito di cittadinanza. Anziché limare in maniera indiscriminata la prima aliquota (con benefici tanto modesti da essere impercettibili), una soluzione migliore sarebbe avviare quella che potremmo chiamare la "Family flat tax". Incrementando e differenziando in maniera significativa la no tax area (la porzione di reddito per la quale non si pagano imposte) in base al numero dei figli e dei familiari a carico. Il governo potrebbe così imprimere davvero un cambiamento, la svolta attesa da anni dalle famiglie italiane e cogliere l’opportunità di liberare risorse che certamente le famiglie stesse reinvestirebbero in consumi interni e in investimenti sul nostro capitale umano per istruzione, formazione e servizi.

La seconda promessa che il governo vorrebbe onorare è quella sulle pensioni. Le stime delle risorse necessarie per coprire la cosiddetta quota 100 – come somma tra età anagrafica e anni di contribuzione – sono tanto più alte e dall’impatto potenzialmente esiziale sul sistema previdenziale quanto più si abbassano le soglie limite sia dell’età (dai 64 iniziali si parla ora di 62) sia degli anni di contribuzione (dai 41 previsti finora si ipotizza addirittura 38). Meglio "tenere alti" i tetti, invece, e se le condizioni lo permetteranno limare progressivamente in futuro. Piuttosto, affinché la manovra sia improntata alla maggiore equità possibile, andrebbe previsto un sostanzioso aumento delle pensioni di invalidità (ferme allo scandaloso livello di 282 euro al mese), degli assegni sociali e delle pensioni minime (circa 448 e 507 euro). Il leader della Lega che – va riconosciuto – sul tema dell’invalidità si è speso più di tutti in campagna elettorale, con questa manovra ha l’occasione per dimostrare di porre i soggetti più deboli fra le priorità: #primaidisabili.

Infine, ma non ultimo, il Reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle e sul quale si concentrano le attese non solo di chi ha votato M5s ma anche di chi oggi si sente relegato ai margini. Per arrivare a meta, però, la squadra guidata dal vicepremier Luigi Di Maio deve saper costruire a partire dalla porzione di campo già conquistata dal precedente governo con il Reddito di inclusione. Il Rei, infatti, prevede oggi un impegno diretto di 2,1 miliardi di euro per sostenere i più poveri, seppure con sussidi molto bassi e risorse insufficienti a coprire l’intera platea delle persone in povertà assoluta. Ha però il grande vantaggio di essere mirato e di vedere già avviata la costruzione della infrastruttura per riattivare e accompagnare le persone fuori dalla morsa della povertà. Servizi che, oltretutto, sono già cofinanziati dal Fondo sociale europeo e dal Fondo europeo per l’aiuto agli indigenti fino a tutto il 2020.

Due miliardi di euro di posta aggiuntiva nella manovra sarebbero perciò sufficienti a raggiungere tutti i nuclei in condizioni di bisogno e con 4 o meglio 5 miliardi (sui 15 complessivi stimati necessari per il completamento del Reddito di cittadinanza) si arriverebbe a raddoppiare anche l’importo previsto finora. Un risultato importante, per M5s ma soprattutto per il Paese, raggiungibile senza sconvolgere i conti pubblici.

Il varo di una manovra in grado di rispettare tanto i limiti europei quanto le promesse elettorali e di rispondere ad alcune annose attese dei cittadini sarebbe la quadratura del cerchio. E potrebbe segnare il passaggio di M5s e Lega da forze populiste a forze popolari. Nella realtà, non nei sondaggi.

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