Liberare la festa non è impegno esclusivamente di e da credenti
venerdì 14 settembre 2018

Caro direttore,

Centri commerciali, aperture e culto… Ma in una società liquida e complessa, i credenti nel giorno santo devono lavorare e possono fare la spesa? Nella specie, il cristianesimo non è un credito deteriorato come spesso si vuol insinuare, al contrario si integra e armonizza molto bene con la modernità perché una sua peculiarità, oltre alla fissità e dogmaticità (nella fede) è quella della adattabilità, oggi diremo 'flessibilità'. In origine non c’era un giorno di riposo, tutta la settimana era negotium, non c’era il giorno per il culto, ma esisteva il culto che comunque veniva celebrato di domenica. Anche oggi come ieri il cristiano è libero per statuto: la domenica rimane il giorno del Signore ed egli sarà libero sia di lavorare o no, sia di fare la spesa sia no. «Tutto è vostro» (1Cor 3). Il riposo sabbatico biblico è più precetto ebraico che evangelico.

Sergio Benetti, Dueville ( Vi)


Lo argomentiamo da anni, trovando alleati che vengono da storie e cammini diversi, ma che sulla base di una convergente visione umanistica arrivano alla stessa conclusione e allo stesso impegno. Non è questione di precetti, gentile e caro professore, né di una battaglia esclusivamente cristiana per 'liberare' la domenica – «giorno di Dio e della comunità», secondo le parole di papa Benedetto XVI – e il tempo della festa. Ma di un’idea civile, oltre che credente, di modernità, di progresso, di uso e di rispetto del tempo di vita delle persone e delle famiglie. Che non esclude il lavoro necessario a ogni giorno, ma che non rende deliberatamente ogni giorno uguale all’altro per tutti e – è il caso di dirlo – a ogni costo.

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