mercoledì 17 ottobre 2018
La fame nel mondo è in crescita: 124 milioni di persone in 51 Paesi sono in pericolo di vita. Guerre, cambiamenti climatici, scarsità di acqua e disuguaglianze sociali...
L'Europa ha scelto: fatti contro guerra e fame
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Caro direttore,

i dati dei rapporti internazionali che il suo giornale ha recentemente pubblicato parlano chiaro, la fame nel mondo è di nuovo in crescita: 124 milioni di persone in 51 Paesi sono in pericolo di vita a causa di fame e carestie. Guerre, cambiamenti climatici, scarsità di acqua e disuguaglianze sociali hanno riportato la fame all’attualità invertendo la tendenza degli ultimi anni. La guerra è tra le principali cause della fame e i suoi effetti sono ancora più drammatici quando combinati alle conseguenze del cambio climatico. I Paesi con i più bassi livelli di sicurezza alimentare sono spesso coinvolti in conflitti logoranti che allo stesso tempo costringono milioni di persone alla fuga. Afghanistan, Libia, Mali, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sud Sudan e Yemen negli ultimi anni hanno attraversato conflitti violenti e vissuto una forte instabilità politica. Questi Paesi oggi riportano livelli di fame tra i più alti al mondo e sono l’origine di molti dei richiedenti asilo che arrivano in Europa. Le crisi hanno smesso di fermarsi al confine, e non bussano più alla porta. Si propagano ormai in modo sempre più capillare, colpendo tutti gli strati della società e assumendo dimensioni planetarie. Questa crisi è una crisi di tutti noi europei.

E tutti noi abbiamo davanti una responsabilità politica e storica senza pari. Mai come oggi, il contributo dell’Europa alla lotta contro la fame, potrà influire sulla vita o sulla morte di centinaia di migliaia di persone. Per questo la politica europea e internazionale si deve concentrare su sicurezza alimentare e agricoltura sostenibile. Ma le lezioni del passato sembrano essere dimenticate, anche di fronte a cambiamenti climatici, sfide demografiche, conflitti; anche di fronte alla necessità di creare posti di lavoro e opportunità economiche per i giovani; anche di fronte al rifiuto del multilateralismo e della cooperazione internazionale. Eppure l’Unione Europea si è costruita su queste lezioni e ha dimostrato che di fronte alle avversità, la cooperazione e l’unità nella diversità sono l’unica soluzione per far fronte a sfide globali ed epocali. La buona notizia è che c’è un modo per andare oltre le mere dichiarazioni. Due anni fa abbiamo lanciato la Rete Globale contro le crisi alimentari. Eravamo tre membri. Quest’anno siamo dodici. Grazie all’alleanza abbiamo potuto intraprendere azioni concrete e coordinate per evitare la carestia annunciata l’anno scorso in Nigeria settentrionale, Sud Sudan, Somalia e Yemen. Crediamo che il circolo vizioso fame-insicurezza-conflitto si possa e si debba spezzare. Per questo due settimane fa a New York insieme alla Fao ho firmato un nuovo contratto per 77 milioni di euro. Si tratta di un impegno pluriennale che interessa a oggi più di 60 Paesi.

Tre i pilastri principali del programma: il potenziamento dello scambio di informazioni e la produzione di analisi comparate; la diplomazia internazionale come strumento di pace; e il supporto a un nuovo modo di lavorare che coordini l’emergenza umanitaria allo sviluppo, quello che nel nostro gergo chiamiamo nexus. Questo ulteriore contributo alla Rete Globale rafforzerà la presenza europea e il ruolo dell’Unione all’interno dell’alleanza e ne intensificherà gli sforzi per affrontare la fame a livello mondiale. Rafforzeremo la rete diplomatica e gli interventi umanitari, legandoli più saldamente ad azioni di sviluppo sul medio e lungo periodo. Promuoveremo al contempo una cultura di pace e sviluppo sostenibile. Sono inoltre fermamente convinto che un intervento risolutivo in qualsiasi tipo di crisi, crisi alimentari comprese, non possa più prescindere dall’investire massicciamente sulle donne e sulle ragazze. Ho legato la mia carriera a doppio filo al riconoscimento e sostegno al ruolo della donna, il cosiddetto empowerment. Se vogliamo che la nostra azione sia efficace, è necessario investire su di loro per costruire società più eque, resilienti e sostenibili.

A breve, ad esempio, lanceremo un vasto programma regionale contro la violenza sulle donne in 7 Paesi africani. Cosa accadrà in concreto? Da un lato, volgiamo lavorare su strumenti per prevedere e monitorare le emergenze e i rischi di crisi alimentari, e sulla preparazione e coordinamento di interventi di risposta nel breve e medio termine. Dall’altro lato, vogliamo lavorare anche sulle cause strutturali della fame in modo da realizzare cambiamenti che permettano investimenti sostenibili e responsabili per evitare fame e crisi future. In questo quadro, miriamo a costruire nuovi partenariati con il pubblico e con il privato, che provengano dall’Europa, ma non solo. Un segnale forte in questo senso arriva dalla grande alleanza Europa-Africa appena lanciata. Con essa puntiamo a rafforzare un clima imprenditoriale di scambio che sia duraturo e sostenibile, così come intendiamo incrementare i livelli di occupazione delle fasce più vulnerabili. Vogliamo continuare ad attrarre gli investitori privati là dove ce n’è bisogno. Questa rinnovata alleanza con la Rete Globale, di cui le agenzie romane dell’Onu (Fao, Ifad e Wfp/Pam) sono parte fondante e integrale, sono convinto ne faciliterà il flusso.

*Commissario europeo per la cooperazione internazionale e lo sviluppo

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