L'altra faccia del «restare a casa». Ascoltate una madre di figlio autistico
mercoledì 25 marzo 2020

Gentile direttore,
viviamo tutti la fatica dell’emergenza da pandemia, ma io vorrei soffermarmi su quanto sta accadendo nel campo dei servizi sociali, che ben conosco, visto e considerato che “vivo” la disabilità da tanti, tantissimi anni. Ci sono vari tipi di handicap, alcuni dei quali di difficile riconoscimento immediato, in quanto colpiscono persone perfette quanto a fisico, ma con gravi disturbi di comunicazione, di comprensione, di comportamento: sono coloro che gravitano nello spettro autistico. Questi nostri figli hanno la necessità di muoversi, di camminare, di essere portati quindi fuori casa. Ma c’è il decreto che impedisce a tutti di uscire, e nel decreto non c’è l’indicazione delle necessità di chi è colpito da questa disabilità. Incapaci di comprensione, spesso con limitatissima comunicazione, per lo più corporea, dopo giorni di segregazione in casa, mal tollerano questa “reclusione” e le loro crisi violente non sono emarginabili. A farne le spese di solito sono le madri. Ora capisco che per chi ci guida, le necessità dei cani sono più conosciute di quelle dei nostri figli, per cui da sempre è possibile portare fuori i nostri amici a quatto zampe, ma noi, se usciamo dando la mano ai nostri cari, camminando loro accanto, (perché se ci scappano, chi li raggiunge?), commettiamo un reato. Per quale ragione non abbiamo il diritto a un lasciapassare, a una deroga , in modo da poter vivere senza sentirci oppressi più di quanto non lo siamo? Ma a chi chiedere aiuto? I Centri sono per lo più chiusi, gli psicologi a casa, non c’è una direttiva e nessuno si prende la responsabilità di testare un handicap che non si vede, su una persona che non conosce a fondo. Che facciamo? A Treviso è intervenuto il prefetto, a Padova ancora tutto tace. Noi veramente siamo invisibili, con la nostra pesante vita. Ma non sarebbe giusto che intervenisse la Regione con una ordinanza in cui comunichi che gli autistici, accompagnati da un responsabile, possano essere dispensati per necessità, dalle regole che limitano spazi di vita? Ho scritto in Regione a vari componenti del Consiglio Regionale e anche all’assessore Lanzarin, ho scritto a responsabili della nostra Aulss 6 Euganea, tutti chiusi in un assordante silenzio. Mentre ieri Anna Popazzi, vicepresidente dell’Associazione “Mai Soli a.p.s.” a cui partecipo, ha inviato una mail al sindaco di Padova Giordani, sul problema che vi ho esposto, e ha ricevuto pronta risposta. Grazie. Ma il problema che non può essere risolto dal sindaco, viene rimandato ai componenti del Patto per lo sviluppo, cioè Associazioni di volontariato e del Terzo Settore. È tardi, tardi, tanto tardi, per non sentirci dimenticati e soli. Noi ci siamo, e voi? Grazie.

Piera Cipresso Fracassi Abano Terme (Pd)

Ho letto con profonda partecipazione e crescente commozione la sua lettera pacata e vibrante, cara signora Piera, e ho pensato subito al 2 aprile prossimo, data così vicina e così lontana nel “calendario al rallentatore” che tutti noi stiamo sperimentando. Quel giorno, come accade ormai ogni anno dal 2007, monumenti simbolo di tutto il mondo dovrebbero ancora una volta colorarsi di blu per la Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo ( Waad, World Autism Awareness Day) istituita dalle Nazioni Unite appunto per richiamare l’attenzione sulla condizione e sui diritti delle «persone nello spettro autistico». Ci diciamo spesso che le Giornate che indiciamo e che celebriamo non possono rivelarsi scrigni pieni solo di impegni vani e, dunque, in realtà vuoti dell’essenziale. So bene, gentile amica, che in condizioni analoghe alla sua e della persona a lei cara ci sono tanti altri padri e madri, fratelli e sorelle di uomini e donne di differenti età, personalità e disabiltà fisica o mentale che sono accomunati da un disagio aggiuntivo di fronte al quale la pur stravolta normalità di vita del resto della popolazione impallidisce... Mi rendo conto che il coronavirus non fa eccezioni e che l’invito a «restare a casa» vale necessariamente per tutti e per ciascuno, e però non voglio rassegnarmi all’idea che non si possa fare qualcosa di prudente e di efficace per rendere meno dura la “traversata” di queste famiglie e, quantomeno, per non considerarle “colpevoli” a causa di una mano stretta per amore e per inesorabile dovere, e non per superficialità o insofferenza a regole e giuste precauzioni. Grazie a lei, per le sue parole, per un appello/denuncia che valica i confini della sua città e della sua Regione. E chi può dare risposta, ascolti e agisca.

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