Famiglia: le parole e le scelte
sabato 30 settembre 2017

«Un giardino da coltivare non un museo da custodire». Giovanni XXIII parlava del pianeta. Il sottosegretario Maria Elena Boschi prende in prestito la citazione – riconoscendone la paternità – per riferirla alla famiglia, e con l’intento di imprimere un afflato più domestico sostituisce «custodire» con «spolverare». Valeria Fedeli, titolare dell’Istruzione, parla di corresponsabilità educativa, sollecita i padri a non delegare alle mamme tutte le incombenze di cura e di accudimento dei figli. La presidente della Camera Laura Boldrini, intervenuta giovedì, non ha paura ad accennare alla centralità delle famiglie (che declina al plurale) e rilancia con convinzione l’allarme denatalità.

Tra interventi degli esperti, di tutti gli orientamenti culturali, e saluti istituzionali, concetti come sussidiarietà, inclusione, superiore interesse del minore, patto scuola-famiglia, soggettività familiare sono sembrati lessico ordinario, apprezzato e condiviso alla Conferenza nazionale sulla famiglia, che si è conclusa ieri a Roma. Il "fattore famiglia", poi, è risultato un must. Citatissimo da tutti, evocato a non finire, considerato punto d’arrivo indiscutibile di un cammino di riforma che nessuno mette più in dubbio. Sarà vero? Quando si coglie tanta uniformità di pensiero è sempre lecito dubitare.

Troppo facile ipotizzare che dietro questo solerte allineamento alle parole – e forse anche alle convinzioni – che solo fino a poco tempo fa erano patrimonio specifico dell’associazionismo familiare e di qualche studioso illuminato e controcorrente, ci siano soprattutto, a circa sei mesi dalla fine della legislatura, strategie elettorali. Cattivi pensieri, accresciuti inevitabilmente dall’asciuttezza con cui il "ministro dei soldi" Pier Carlo Padoan ha svuotato la prospettiva di avviare subito, pur con la gradualità necessaria, nuove politiche familiari.

La delusione c’è, ma la sempre più larga diffusione di un alfabeto familiare preciso e definito è un fatto, e non può che essere motivo di soddisfazione. Anche perché il ricorso a riferimenti verbali così impegnativi vede protagonisti esperti e politici che solo fino a qualche anno fa non sembravano così sensibili alla "vertenza famiglia". Da cosa sarebbero stati convinti? Probabilmente dalla fondatezza di allarmi che ora, di fronte a dati ineluttabili e ricerche che non lasciano spazio a divagazioni capziose, mostrano tutta la drammaticità della condizione del nostro sistema Paese. Con le statistiche rigorose, messe in fila per esempio dal presidente dell’Istat Giorgio Alleva, che, con la forza implacabile dei numeri, ha mostrato anche a chi coltivava qualche residuo dubbio come la depressione demografica (altro neologismo che sta diventando intercalare comune), a lungo andare, equivalga a un grave impoverimento collettivo.

Perché le culle vuote renderanno aritmeticamente impossibile trovare le risorse per pagare le pensioni, aiutare gli anziani non autosufficienti, sostenere il sistema sanitario, quello del welfare, quello scolastico e tanto altro ancora. E non accadrà nel prossimo millennio ma, secondo previsioni statistiche tutt’altro che fantasiose, tra meno di vent’anni. C’è da preoccuparsi? Sì, se quella rinnovata cultura familiare che alla Conferenza nazionale tutti hanno mostrato di conoscere e apprezzare non si trasformerà in proposte legislative concrete. Serve una riforma radicale del sistema fiscale che, come hanno indicato gli esperti, già con i pochi fondi a disposizione, potrebbe essere avviata anche in questo tramonto di legislatura.

Quel 'fattore famiglia', di cui è stata ribadito il fondamento e la sensatezza, può essere applicato già ora, gradualmente, senza quegli stanziamenti importanti che nessuno per il momento sembra avere il coraggio di proporre. Sarebbe una piccola ma significativa inversione culturale rispetto alle tendenze finora affermate. Un segnale per dire che il 'familiare' ha trovato finalmente spazio tra individualismo e collettivismo.

E con lo stesso criterio 'familiare' – visto che nessuno ne mette più in dubbio i fondamenti – bisogna porre mano alle altre situazioni critiche sul fronte del lavoro, dell’educazione, del welfare locale, del diritto di famiglia, dei servizi sociosanitari. Abbiamo analisi condivise e proposte intelligenti nella logica della sussidiarietà e del protagonismo delle famiglie. Imparato l’alfabeto, la politica deve parlare quel linguaggio senza più incertezze, con chiarezza e verità. Senza confondere, come ancora ieri ha sorprendentemente fatto il ministro Padoan, misure di contrasto alla povertà e aiuti alle famiglie. E senza pensare che bastino quattro spiccioli per liquidare tutto come una delle tante questioni di settore.

No, questa è 'la questione' da cui dipende il futuro di tutti noi, dei nostri figli, del Paese intero. Se siamo davvero convinti – come è stato abbondantemente riconosciuto in questi giorni – che la famiglia è risorsa, dopo le parole giuste vanno trovate e mobilitate le risorse per sostenerla, promuoverla e farla crescere. La risposta è invece ancora monca. Serve completarla, con urgente convinzione.

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