venerdì 22 marzo 2019
Le stime dell’Onu inducono preoccupazione, molti ricercatori ritengono che vadano riviste al ribasso. Il lettore chiede una verifica su due articoli, ma anche con numeri diversi il senso non cambia
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Caro direttore,

su 'Avvenire' di sabato 9 marzo Massimo Calvi (in prima pagina) e Francesco Gesualdi (in terza) pur sostanzialmente allineati nelle posizioni (che condivido, ma senza allarmismo), danno una visione differente della crescita della popolazione mondiale, che mi lascia sconcertato. Calvi prospetta un calo della popolazione mondiale 'a breve', mentre Gesualdi mette in fila numeri che è impossibile definire 'a breve'. Sarei curioso di sapere da dove provengono numeri e stime. Altrimenti è impossibile giudicarne l’attendibilità.

Pietro Molina


Gentile signor Molina,

rispondo volentieri a questa giusta richiesta di chiarimento che il Direttore mi ha affidato. Nel suo articolo Francesco Gesualdi parla delle prospettive di crescita della popolazione secondo le previsioni dell’Onu (le può verificare di persona sul sito istituzionale delle Nazioni Unite. Il rapporto parla di 8,6 miliardi di persone sulla Terra nel 2030 (oggi siamo circa 7,6 miliardi), 9,8 miliardi nel 2050 e 11,2 miliardi nel 2100. Tuttavia diversi esperti sostengono che tali previsioni siano da rivedere alla luce di un calo più repentino dei tassi di fecondità nel mondo, dovuto soprattutto alla velocità dei processi di urbanizzazione e a una diffusione più profonda dei programmi di educazione in molti Paesi in via di sviluppo. Questa tesi è ben esposta in un libro recente, Empty Planet-The shock of Global population decline, di John Ibbitson e Darrell Bricker, di cui ho avuto modo di scrivere su 'Avvenire' lo scorso 13 febbraio. Secondo gli autori, ma anche a detta di diversi altri autorevoli ricercatori, la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere gli 8-9 miliardi a metà secolo, e poi incomincerà a declinare. Ovviamente nessuno può dire oggi quali previsioni siano più attendibili. Nel suo articolo, dedicato agli effetti sul clima del consumo di carne, Gesualdi ha citato correttamente le previsioni Onu, e in ogni caso anche con cifre più basse di un paio di miliardi il senso del ragionamento resta valido. Nel mio articolo dedicato all’impatto sul clima dei figli che nascono, io ho invece fatto riferimento agli studi che ridimensionano l’allarme dell’Onu. Insomma, nessuno dei due articoli aveva e ha un problema di 'attendibilità', mentre il combinato dei due scritti meritava il chiarimento che lei ci ha permesso di dare.

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