La politica tra i partiti e un nuovo «civismo»
sabato 24 novembre 2018

Caro direttore,

la geografia politica, almeno così pare, sta nuovamente cambiando. In un contesto dove le ideologie sono state cancellate dalla storia, dove le appartenenze culturali non generano più adesione ideale e concreta scelta di voto e dove la volatilità elettorale è sempre più rapida e veloce. Del resto, dopo le lezioni del 4 marzo 2018 è cambiato l’intero panorama politico e difficilmente, almeno per qualche anno, si potrà ritornare indietro. E, nel frattempo, continua a crescere il ruolo dei leader, o dei capi e, specularmente, a scendere il peso e la funzione dei partiti. Certo, tutto questo è anche il frutto di una violenta e spietata personalizzazione e spettacolarizzazione della politica che ha, di fatto, contribuito pesantemente a ridurre il ruolo democratico e costituzionale delle formazioni politiche. A oggi, infatti, registriamo un crescente distacco e una rinnovata sfiducia nei confronti di partiti intesi come strumenti di elaborazione culturale e progettuale e, soprattutto, come veicoli di partecipazione politica attiva e militante. Ormai nei partiti personali e del capo è difficile respirare una vera democrazia. Di norma, come tutti sanno, prevalgono altri elementi: la fedeltà al leader e un gregariato diffuso, accompagnati da una scarsa – se non nulla – elaborazione politica e progettuale.

Ora, se purtroppo i partiti continuano a perdere credibilità e autorevolezza, c’è al contempo un ritorno di attenzione al ruolo e alla valenza delle culture politiche – tradizionali e no – e, inoltre, non possiamo non registrare un protagonismo del civismo. Le recenti iniziative di un gruppo di donne a Roma che contestano le scelte amministrative della giunta comunale Raggi e la manifestazione 'Sì Tav' a Torino per incalzare la sindaca Appendino confermano che c’è un risveglio politico che esula dai tradizionali canali politici. E questo per citare solo i due avvenimenti che hanno destato maggior attenzione nella pubblica opinione. Certo, è evidente a tutti che non mancano le contraddizioni e le zone d’ombra. Per quanto riguarda Torino, ad esempio, non possiamo non dire che dietro queste manifestazioni si nasconde anche un disegno di alcuni dirigenti politici dei partiti – nello specifico del Pd – che puntano attraverso altre modalità di raggiungere i medesimi obiettivi politici. Ma, al di là di questo malcostume politico pur sempre presente, è indubbio che sta emergendo in tutto il Paese una domanda di politica che non può essere respinta con indifferenza e qualunquismo. È la nascita di un civismo a cui va prestata forte attenzione e considerazione. A cominciare proprio dai partiti tradizionali.

Sotto questo profilo, il dinamismo e la vivacità che attualmente caratterizzano l’area cattolico democratica, sociale e popolare del nostro Paese conferma che il civismo può essere considerato, a pieno titolo, come un fatto politico reale. Che va ovviamente interpretato e a cui, però, va data una risposta politica, culturale e anche organizzativa. E, nello specifico, va avviata al più presto un’iniziativa ispirata a una convinta e motivata ricomposizione politica di un’area che oggi chiede, seppur in modo ancora un po’ confuso e disorganizzato, una rappresentanza politica che è andata sostanzialmente e progressivamente disperdendosi negli ultimi anni. E questo in particolare dopo il voto della scorsa primavera che ha visto l’esaurirsi, forse definitivo e irreversibile, dei due partiti che sino a qualche tempo fa erano largamente rappresentativi di quei mondi: e cioè, il Partito Democratico e Forza Italia. La necessità, però, di ricostruire una presenza politica organizzata di parte dell’area cattolica italiana passa anche, e soprattutto, attraverso la capacità di saper unire chi è più sensibile alla cultura e alla dimensione di partito a chi, invece, coltiva la vocazione di una presenza civica e meno riconducibile a una esperienza di partito.

Solo unendo le due esperienze in una feconda e costruttiva sintesi politica e culturale sarà possibile ricostruire e ridar voce a un mondo che attualmente è ai margini della vita pubblica italiana. Senza ulteriori timidezze e senza indugiare riproponendo vecchi schemi ormai superati dalla storia.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI