Ecco la buona accoglienza
domenica 20 marzo 2022

La guerra in Ucraina sta provocando, oltre ai lutti e alle devastazioni sul posto, la maggiore emergenza umanitaria europea dal secondo dopoguerra novecentesco. Il numero stimato dei profughi all’estero ha già superato la cifra di tre milioni, e altri due milioni sono al momento attuale gli sfollati interni. Cifre che sono però destinate ad aumentare ancora a causa del continuo inasprimento del conflitto.

L’unica notizia positiva, in questo fosco dramma d’altri tempi, è la mobilitazione per l’accoglienza. In prima fila la Polonia, che dichiara di accogliere quasi due milioni di persone. Anche gli altri Paesi confinanti hanno aperto le frontiere: Romania, Moldavia (il più povero Paese d’Europa), le 'sovraniste' Ungheria e Slovacchia. Tutte dichiarano numeri ingenti di rifugiati, tra i 200.000 e i 400.000. Probabilmente sovrastimano, ma il fatto nuovo e rilevante è lo slancio di solidarietà che ha spazzato via quasi per incanto le disumane chiusure dei confini a cui abbiamo assistito per anni, con tanto di barriere e guardie armate. L’Unione coronata di filo spinato che purtroppo abbiamo imparato a conoscere e che non cessiamo di incalzare al cambiamento, recuperando le proprie radici.

Nell’Europa occidentale la Germania ospita già ufficialmente più di 170.000 persone, ma la cifra effettiva è senz’altro più alta. In Italia gli ultimi dati, in continua evoluzione, parlano di 55.000 profughi registrati, tra cui 28.000 donne e 22.000 minori. Unanime, finora, la volontà di accogliere. Sembrano lontane anni-luce le polemiche sulla presunta invasione dal mare, sulla 'sostituzione etnica' della popolazione, sulle Ong 'taxisti del mare' e 'vicescafisti'. L’interrogativo si sposta ora su come accogliere. La gara di solidarietà spontanea è impressionante.

Sono centinaia le famiglie che hanno aperto le proprie case o si sono dichiarate disponibili a farlo: 1.300 nella sola provincia di Milano. Parecchi anziani assistiti da donne ucraine e i loro familiari ospitano già figlie e nipoti di queste persone. Le istituzioni pubbliche a loro volta stanno dimostrando flessibilità e rapidità. Stanno consentendo l’iscrizione d’urgenza al Servizio sanitario nazionale, predispongono strutture di accoglienza o ampliano quelle disponibili, offrono l’accesso gratuito al trasporto pubblico locale almeno per qualche giorno, si coordinano con il Terzo settore, le Caritas locali e diverse realtà religiose e civiche, raccolgono le offerte di accoglienza dei privati cittadini, promettendo contributi economici.

È la conferma che, quando c’è una chiara volontà politica e un consenso sociale diffuso, saltano vincoli burocratici e complessità procedurali che parevano insormontabili. La strada dunque è tracciata. Si tratta ora di darle organicità e continuità, perché non sappiamo quanto potrà durare l’emergenza. Di cogliere la complessità e la multidimensionalità dei bisogni da affrontare. Di riconoscere che più le persone sono traumatizzate, più necessitano di essere seguite in maniera competente. Tre primi suggerimenti sembrano utili. Anzitutto, coordinare le mobilitazioni spontanee con le istituzioni pubbliche e con le loro disposizioni. L’accoglienza deregolata non è una buona accoglienza. Per esempio, i numerosi minori non accompagnati vanno seguiti secondo le procedure previste, eventualmente proponendosi come tutori legali nei loro confronti, ai sensi della legge Zampa. Secondo, valorizzare il protagonismo degli immigrati (e soprattutto immigrate) dall’Ucraina, e delle loro associazioni, come mediatrici culturali e facilitatrici dell’integrazione.

È la prima volta che l’accoglienza può contare su una rete così ampia, capillare e impegnata di connazionali già insediati in Italia. Terzo, assumere la consapevolezza che le forme di aiuto possibili sono molte e non legate soltanto ai bisogni primari di alloggio, cibo, vestiti, generi di prima necessità. Per esempio, circoli, società sportive e oratori, con il concorso dei volontari disponibili, possono offrire ai più giovani spazi di gioco, in cui risollevarsi da dolore e spaesamento, e alle madri luoghi d’incontro e relazioni di prossimità. Superata la prima fase di ambientamento, occorreranno altri volontari per l’inserimento scolastico e l’accompagnamento negli studi. Si tratta di modesti esempi, diffusamente praticabili, per testimoniare che la vera solidarietà umana e cristiana è duratura, collaborativa, ma anche intelligente e saggiamente creativa.

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