sabato 14 dicembre 2019
Un lettore torna sulla pagina dedicata alle statistiche familiari, e solleva un dubbio. Ma il quadro offerto dall’Istituto è corretto. E il nostro parere sui difetti della legge 76/2016 non cambia
L'Istat confonde matrimoni e unioni? No, la distinzione è chiara

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Gentile direttore,

vorrei tornare sulla pagina che giovedì 21 novembre “Avvenire” ha dedicato alla situazione dei matrimoni in Italia per fare una breve riflessione. Che l’Istat nelle sue statistiche sui matrimoni metta anche dei dati sulle unioni civili, non mi sembra né corretto e nemmeno “legale”, cioè dentro la legge, ma tant’è. Ma se anche noi insieme ai matrimoni, ci mettiamo anche le unioni civili, allora sembra che le vo- gliamo equiparare. Eppure sia per la Costituzione che per la nostra madre Chiesa, il matrimonio, civile o religioso, è solo fra un uomo e una donna. Purtroppo ho il sentore che anche fra di noi, sotto sotto pensiamo che siano la stessa cosa. Stiamo attenti, non facciamo confusione, le unioni civili sono altro. Grazie comunque di questo bel giornale.

Enzo Dall’Olio, Medicina (Bo)


Gentile signor Dall’Olio,

grazie per l’opportunità che ci offre di tornare sulla questione matrimoni-unioni civili che seguiamo con particolare attenzione. Come sa, siamo stati tra i pochi, nel 2016, a sottolineare a lungo, da diverse prospettive, l’inopportunità di varare una legge che desse vita a un “simil- matrimonio” tra persone dello stesso sesso. La posizione che abbiamo argomentato e tenuto a più voci è molto semplice e, naturalmente a nostro avviso, rimane tuttora quella più sensata. Un conto è riconoscere diritti a persone conviventi, offrendo la possibilità di tutelare aspetti legati alla vita quotidiana (casa, assistenza, eredità...) in una dimensione patrimoniale, un altro è costruire un quadro giuridico che replica in modo significativo quello del diritto matrimoniale, sino a sfiorare (ma senza comprenderlo, per lo stralcio di questa parte della progettata normativa) quello dei figli, che però non possono che essere generati da una madre e da un padre. Papa Francesco in Amoris laetitia indica con chiarezza la via: rispettoso accompagnamento pastorale alle persone omosessuali perché «possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita», senza nessuna equiparazione tra matrimonio e unioni omosessuali. Il disegno di Dio sulla famiglia è fondato sulla differenza generativa tra uomo e donna. La legge 76 del 2016 segue invece un’altra strada. E, dal momento che è legge dello Stato, l’Istituto nazionale di statistica ne riporta i dati, con una chiara distinzione però rispetto ai matrimoni. Anzi la fotografia demografica aiuta a comprendere con esattezza la dimensione del fenomeno. Dalle 4.376 “unioni” del 2017, picco che l’Istat spiega come risposta alla novità legata all’introduzione della legge, siamo passati alle 2.808 del 2018, con un evidente ridimensionamento.

Nessuna confusione quindi. E della necessità di non cedere a rischiose e sbagliate omologazioni siamo convinti quanto lei, gentile e caro lettore. Questo non significa negare il bene oggettivo che si può trovare anche all’interno di relazioni omosessuali quando fondate su valori come lealtà, ascolto, aiuto, oblatività, fedeltà, e valutare serenamente se in questi profili possano dischiudersi anche valori umani e cristiani. Significa invece non sovrapporre questo sguardo, accogliente e non discriminante, al paradigma dell’antropologia cristiana che lega la verità del linguaggio sessuale all’amore coniugale su cui si fonda il matrimonio monogamico tra un uomo e una donna.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI