La pandemia non merita speculazioni
giovedì 3 settembre 2020

Mentre il partito globale del buon senso muove passi lenti e contraddittori verso l’uscita dalla crisi, la vasta ed eterogenea coalizione internazionale sovranista risponde ai primi segni di affanno con una rapida e prepotente virata verso la strada sociale più pericolosa, il negazionismo. L’inizio sabato scorso a Berlino. E tra pochi giorni lo sbarco a Roma. La prima reazione pubblica sarà quella dell’ironia.

Il primo giudizio sarà 'è solo folklore', evidenziando nei raduni unicamente la componente macchiettistica dei Gilet (arancioni non gialli) di casa nostra. Ma è un errore grave di sottovalutazione, tra l’altro già fatto in passato quando ci si limitava agli 'sfottò' davanti alle tesi stralunate di chi – ad esempio – chiedeva l’uscita dall’Europa e dalla moneta unica o alla ridicolizzazione di chi avanzava ricette economiche autarchiche.

Abbiamo visto com’è andata. Un errore di sottovalutazione perché la rete globale 'no-mask' è potente e strutturata. All’organizzata base 'sovranista' – nel frattempo lievemente assottigliatasi per il rientro di alcune forze politiche nel solco di una maggiore responsabilità – si aggiungono pattuglie di estremisti apertamente neonazisti che dimostrano di avere un’impensabile

presa su giovani e giovanissimi. E la propaganda digitale funziona a meraviglia. Sabato scorso, mentre era in corso il raduno berlinese, moltissimi cittadini in tutto il mondo sono stati raggiunti via Whatsapp e Messenger, anche attraverso utenti sconosciuti, dai video della manifestazione e in particolare dal discorso negazionista – proprio sul palco di Berlino – di Robert Francis Kennedy jr, 66enne figlio del grande Bob, assassinato prima ancora di diventare presidente degli Stati Uniti.

Un’immagine potente: un Kennedy in carne e ossa a dire ai tedeschi che il virus è fuffa. L’armamentario è noto. In sintesi: la pandemia come sistema di controllo di massa per imporre un determinato sistema economico e sociale. Una moda passeggera? La storia recente insegna di no. Ci sono almeno tre motivi per temere seriamente l’onda negazionista. Primo, i possibili effetti negativi sull’imminente stagione vaccinale, cruciale nella strategia di contenimento del virus.

Secondo, l’avvio della strategia di 'convivenza' con Covid-19 che si basa almeno al 50 per cento sulla piena corresponsabilità dei cittadini nei comportamenti preventivi: più persone si 'ribellano' a mascherine e distanze, meno la 'convivenza' può riuscire. Terzo, il prevedibile aggravarsi delle conseguenze economiche e sociali della crisi da Covid, terreno fertilissimo per diffondere in modo massivo le teorie complottiste: a fronte delle fatiche di una difficilissima ricostruzione, a tanti potrebbe presentarsi la scorciatoia di dare la colpa ai 'poteri oscuri'.

Fondamentale sarebbe una risposta tempestiva. Una risposta politica e comunicativa, soprattutto europea. Messaggi chiari, semplici, efficaci e credibili. Che possono emergere però solo da forze politiche e leader – non solo di opposizione, ma anche di governo – che rinuncino all’idea di 'lisciare il pelo' a questi moti, illudendosi di poterli trasformare in serbatoi elettorali. Una risposta anche culturale, con un maggiore impegno delle persone 'di pensiero' a tutela del bene comune. Una risposta ragionevole e ragionata, e anche scientifica, provando a mettersi alle spalle la non edificante stagione degli epidemiologi (e di altri medici) che battagliano tra di loro.

Sul fronte del 'buon senso', infine, le istituzioni italiane – tutte e compatte – hanno un dovere speciale nel dare una pronta risposta ai negazionisti: il Sistema sanitario nazionale è prezioso ma troppo fragile per affrontare i danni di una diffusa e pilotata irresponsabilità.

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