giovedì 7 ottobre 2021
Un lettore non accetta riletture della figura di Nerone, imperatore e persecutore di cristiani a lungo ritratto a una sola dimensione. Ma l’indagine degli studiosi deve necessariamente essere profonda
Il busto di Nerone dei Musei Capitolini, in prestito al British Museum di Londra per la mostra “Nero: the man behind the myth”

Il busto di Nerone dei Musei Capitolini, in prestito al British Museum di Londra per la mostra “Nero: the man behind the myth” - WikiCommons

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Gentile direttore, nell’articolo di Francesco Marzella, del 22 settembre 2021, sulla mostra inglese dedicata a Nerone, si ripete la moda curiosa di rivalutare molte cose negative di personaggi di un lontano passato, proprio mentre da altre parti si condanna senza appello la memoria di grandi personaggi più recenti, magari con argomenti antistorici.

Nel caso di Nerone è probabile che alcuni eccessi siano stati esagerati. Ma Tacito è ritenuto autore preciso e sempre ben informato. Infatti non afferma, a proposito del devastante incendio, che sia stato Nerone a provocarlo, ma che egli abbia trovato un capro espiatorio in un gruppo non piccolo di cristiani dall’Urbe. Le atrocità con cui furono giustiziati non sono poi tanto lontane dai costumi violenti dell’epoca.

Ma vennero viste dalla Chiesa primitiva come un’aggressione inaspettata. Ancora oggi si fa memoria liturgica dei 'protomartiri romani' il 30 giugno, estesa a tutta la Chiesa da san Paolo VI. Per i dettagli sulla svolta neroniana fra il 62 e il 64, che non riguardò solo l’atteggiamento verso la nuova «superstizione» come la chiama lo stesso Tacito (perciò insospettabile di faziosità pro-cristiana), ma coincise con il periodo del ripudio di Ottavia, dell’allontanamento della madre Agrippina e successivo matricidio, del matrimonio con Poppea e i dissidi col Senato. La grande storica Marta Sordi, scomparsa anni fa, evidenzia il rapido deteriorarsi del rapporto fra i cristiani e l’impero, avvenuto proprio sotto Nerone specie dopo l’incendio e il crudelissimo successivo massacro.

William Giampietro


La ringrazio, gentile lettore, per l’attenzione alle nostre pagine e per l’interessante riflessione, alla quale il direttore mi chiede di rispondere. La storia non è già, come avrebbe voluto il fosco Jorge da Burgos, soltanto continua e sublime ricapitolazione: è sempre costante, prudente e fondata revisione (dunque, non ideologico revisionismo). Nuovi documenti, o più spesso nuove metodologie di analisi di documenti già noti, consentono di affinare la ricostruzione del nostro passato; è di questi giorni, per esempio, lo studio che grazie alla genetica delle popolazioni scioglie i millenari quesiti sull’origine degli Etruschi. È vero, anche la narrazione storica può essere soggetta a mode o ideologie; in questo periodo vediamo spesso applicare a personaggi o a eventi del passato le categorie mentali del nostro presente, fino ad arrivare a scaldare alcune piazze tanto da portarle ad abbattere le statue di Cristoforo Colombo, “reo” di esser stato un uomo del Quattrocento. Non è moda, al contrario, la revisione dei giudizi sulle figure del passato, ma è l’essenza stessa della disciplina; e su Nerone da tempo la storiografia ha messo in discussione il ritratto tutto in negativo lasciatoci da alcuni storici romani.

Proprio questo ritratto a una dimensione è quello che, complice la sua sublimazione in ambito cinematografico con la magistrale interpretazione di Peter Ustinov in Quo vadis?, permane nel comune sentire, soprattutto in ambito anglosassone: per questo è interessante sottolineare come una delle principali istituzioni culturali di quell’area, il British Museum, si sia impegnato a fornire una ricostruzione più corretta. La quale, naturalmente, nulla minimizza e nulla toglie alla drammaticità della persecuzione che Nerone ordinò contro i cristiani, ma al contrario aiuta a contestualizzarla e quindi ad averne una visione più a tutto tondo. Anche andando oltre l’opera di uno storico come Tacito che, se certo non aveva simpatie per il cristianesimo, ancora meno ne aveva per l’impero e per i suoi protagonisti.

Edoardo Castagna, coordinatore Agorà

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