sabato 22 marzo 2014
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Parla sottovoce, il Papa. Come piegato dal dolore sotto la croce disegnata dalla litania impressionante dei nudi nomi di uomini, donne e bambini ammazzati dai mafiosi nella guerra per affermare il loro oscuro potere. Parla sottovoce, Francesco. Con accenti limpidi. E si rivolge con un «per favore» e addirittura «in ginocchio» direttamente ai mafiosi. A coloro che definisce i «grandi assenti» nella chiesa romana retta dai frati francescani dove don Luigi Ciotti e gli altri animatori di "Libera" hanno guidato all’incontro con il successore di Pietro i familiari delle vittime delle mafie riunitisi anche quest’anno (stavolta a Latina) per ricordare, testimoniare e rinnovare l’impegno da cittadini e da cristiani per la giustizia e per una civiltà dell’amore.Parla con mitezza, il Papa. Ma la sua parola gentile è, ancora una volta, forte. Forte come il tuono. Si rivolge agli «uomini e alla donne mafiosi». Proprio come un suo grande e amato predecessore, Paolo VI, parlò in giorni drammatici agli «uomini della Brigate rosse». E chiama all’impossibile secondo la logica del mondo, ma non secondo il Vangelo: «Cambiate vita! Convertitevi, fermatevi nel fare il male! C’è tempo per non finire all’inferno, che è quello che vi aspetta se non cambiate strada».Persino al cospetto della più schiacciante e truce evidenza del male, Francesco continua a ricordarci che nessuno è perduto, purché riesca a chiedere perdono a Dio e ai fratelli e a capovolgere la propria vita, ritrovando la via della giustizia e rinunciando all’iniquità. Nessuno, mai, è irrimediabilmente maledetto, anche se ha maneggiato denaro sporco, anche se ha inseguito un feroce delirio di potere, persino se ha ucciso. Ma deve inginocchiarsi e deve rinunciare alla «corruzione». E deve saperlo fare con la sincerità con cui il Papa stesso si inginocchia davanti ai più malvagi, incapace di rassegnarsi alla loro rinuncia al vero bene. Deve diventare un pentito. E non per calcolo e interesse, per amore. Perché, ci dice Francesco, è l’amore ritrovato e vissuto la condizione per far sì che l’inferno – la lontananza terribile e assoluta da Dio-Amore – sia vuoto anche dei mafiosi. Ed è un messaggio dolce e niente affatto sdolcinato, incalzante e luminoso. Di una luce che nulla e nessuno lascia nell’ombra, e alla «corruzione» non concede scampo.L’eco potente delle parole di Giovanni Paolo II, ad Agrigento, e di Benedetto XVI, a Palermo, trova ora nuova e straordinaria forza nella preghiera nuda di Francesco. Nel suo «grazie» a tutti coloro che hanno patito nella carne propria e dei propri cari la violenza mafiosa senza rinchiudersi nel dolore e nel rancore, e hanno continuato a battersi per la giustizia. Sono «usciti fuori», dice il Papa. E ci camminano davanti.
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