sabato 20 agosto 2016
Il messaggio di Mattarella ai giovani: licenza di costruire
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In più di un’occasione, nel suo intervento di ieri al Meeting di Rimini, e soprattutto nel successivo botta e risposta con alcuni dei partecipanti, Sergio Mattarella è sembrato voler affidare ai giovani italiani una consegna alta e impegnativa. Si è sforzato, con la sobrietà ma anche con la convinzione tenace che lo contraddistingue, di passare un testimone cruciale a una generazione alla quale guarda con stima e fiducia. Nessuno spazio al pessimismo ma neppure al vittimismo, nella visione ormai consolidata del Capo dello Stato. Probabilmente, quando ha alluso sorridendo alla distanza anagrafica coi suoi interlocutori, invitandoli a prendere in mano il proprio futuro, diventando «protagonisti della propria storia», aveva ancora presenti alcuni passaggi della sua commemorazione di Alcide De Gasperi, pronunciata il giorno prima a Pieve Tesino. In particolare, quel brano del discorso del 1948 a Bruxelles, che il Presidente della Repubblica ha citato con un tono non meno appassionato del suo autore: «Non abbiamo il diritto di disperare dell’uomo, né come individuo né come collettività». Più semplicemente, ha ribadito, «non abbiamo il diritto di disperare».Memoria e unità, nella consapevolezza del tempo difficile che viviamo, ma anche delle risorse che il Paese ha ancora a disposizione: su questo doppio registro Mattarella ha imperniato la sua ricostruzione e la sua esortazione. Perché soltanto ricordando con oggettività il nostro passato, con le sfide immani affrontate e vinte dai nostri padri, possiamo dare la giusta dimensione ai nodi del presente. Sfuggendo così alla tentazione dell’ansia e della resa, che qualcuno vorrebbe mascherare ammantandola di orgoglio patriottico e di malinteso interesse nazionale. E qui gli è stato facile attingere all’eredità straordinaria di De Gasperi, al suo patriottismo «sobrio e solido» che ha attraversato un tempo di rivolgimenti e di tragedie, senza mai scadere in chiusure nazionaliste o in rivendicazioni egoistiche. Facendone anzi uno degli artefici di quella costruzione europea che, con tutti i suoi limiti e le sue odierne titubanze, ha rappresentato e rappresenta un vero miracolo politico.Forse, per i giovani che tra mercoledì e ieri ascoltavano il Presidente, non sarà stato facile percepire appieno l’enormità di quanto è avvenuto nell’arco di appena un decennio. Forse può aiutare, loro e noi, il banale confronto cronologico fra due anniversari. Il primo che cade quest’anno e che Mattarella ha citato espressamente: i 70 anni della nostra Repubblica, ancora così «giovane» e perciò bisognosa di tutela e dedizione.Il secondo che cadrà il 25 marzo prossimo: i 60 anni della firma del Trattato di Roma, che dopo secoli di conflitti sanguinosi e di odii inveterati ha riunito in una sola Comunità i primi sei Paesi della futura Unione. Un lasso di tempo incredibilmente breve, che ha visto voltare le pagine della storia continentale all’insegna della pace e della collaborazione.Dunque nulla si può considerare perduto, nessun ostacolo e nessuna emergenza può impedire di riprendere il cammino, in Italia e in Europa, purché si continui nella ricerca paziente e generosa dell’unità. Ed eccola la seconda consegna del Capo dello Stato ai giovani di Rimini e a tutti i nostri concittadini. Incombe – è il caso di dirlo – tra pochi mesi un appuntamento referendario che rischia di lacerare il Paese, di condannarlo a una contrapposizione frontale su terreni e poste in gioco che forse neppure sfioreranno il contenuto effettivo della chiamata alle urne. Mattarella non ha ovviamente accennato all’argomento, ma declinando il tema del Meeting – «Tu sei un bene per me» – ha usato parole significative, valide in ogni circostanza e quindi da non dimenticare neppure dopo il responso referendario. «Il futuro – ha ammonito – si costruisce soltanto insieme». E ancora: «La discussione pubblica, compresa quella politica, è spesso dominata dal presente. Passare dall’io al noi ci permette di guardare più lontano».La chiusura autoreferenziale, l’innalzamento di nuove barriere agitando minacce di invasioni, condanna la stessa politica all’impotenza. Mentre il dialogo e il perseguimento di ogni possibile terreno di incontro e di convergenza rappresentano «la punteggiatura dell’unità del Paese». Lo abbiamo vissuto durante questi decenni in diverse occasioni, anche tragiche, come il terrorismo e lo stragismo. Oggi per i giovani, ha concluso Mattarella, questa attitudine allo scambio e al confronto è quasi innata, specie sul piano internazionale. È un talento da investire con coraggio, mentre tocca alle istituzioni garantire le condizioni perché ciò avvenga. Ma senza più licenza per nessuno di «restare a guardare», perché la «casa comune» è anzitutto delle nuove generazioni. Adesso viene il loro turno. E c’è licenza di costruire.
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