Viene in fretta il futuro e ci chiede più coraggio. I tre ambiti strategici
venerdì 30 aprile 2021

Caro direttore,
questo Primo Maggio si celebra il coraggio e la fatica di tanti. Volti di singoli e di comunità. Dalle persone che vivevano già una fragilità, come nel caso delle disabilità oggi a rischio di completa esclusione, ai territori (spesso del Sud) più ai margini, nonostante risorse e talenti; dalle milioni di persone che hanno perso il lavoro o chiuso un’attività ai medici e gli infermieri; dal milione di assistenti familiari spesso dimenticate e dmenticati a chi sul lavoro ha perso la vita; dalle tante persone ai cancelli delle proprie aziende in crisi o appese a un contratto di solidarietà a chi fa bilanci della propria attività quasi impossibili da chiudere; da coloro (stranieri e italiani) che abbandonano famiglia e affetti per trovare salvezza lontano, anche invano e persino tragicamente ai tanti operatori e volontari del nostro associazionismo e del Terzo settore.

Possiamo scorgere in questa grande fatica il coraggio del lavoro ("messaggio" che come Acli abbiamo scelto per questo 2021). E pare indispensabile partire da qui, da una voglia di riscatto, se vogliamo uscire insieme migliori da questa crisi profonda. E qui rintracciamo anche tre ambiti che ci paiono strategici: conoscenza, collaborazione, conversione.

Conoscenza vuol dire investire innanzitutto in istruzione e ricerca, senza dimenticare la formazione, e il carattere permanente che tutto ciò deve avere. Ci sono milioni di lavoratrici e lavoratori che vanno messi in formazione anche prima che arrivino le trasformazioni programmate nel Pnrr, se vogliamo che ne siano protagonisti e non vittime. Ci vuole una scuola più comunità educativa e in relazione forte con le comunità più vaste che serve, e va costruita partendo da tante belle esperienze in atto. E bisogna riscoprire i "mestieri", anche estendendo la rete di istruzione e formazione professionale a tutto il Paese. L’incontro con il lavoro deve puntare sulla crescita personale e professionale, alleggerendo e diffondendo l’apprendistato e frenando l’abuso dello stage.

Collaborazione significa scegliere con decisione di salvarsi insieme, imprenditori e lavoratori, reti di impresa, dipendenti che acquisiscono la propria azienda per tenerla viva e rilanciarla. Significa aprire un solido tavolo di confronto perché il Pnrr sia occasione di inserimento lavorativo per le persone in condizioni di maggiore fragilità o povertà. Per questo occorre anche una vera apertura al mondo: investire nella cooperazione allo sviluppo, e in un patto per il Mediterraneo, che può ridare giusta centralità al Mezzogiorno d’Italia. Per questo dobbiamo esigere un’Europa che non si fermi al pur determinante Next Generation Eu e renda vincolante il proprio "pilastro dei diritti sociali", per frenare il dumping contrattuale e fiscale.

Conversione: le grandi sfide della transizione ecologica, del "digitale", dell’innovazione, richiedono una svolta ecologica e civile, fatta di più economia sociale e di un vero e inclusivo sistema di protezione sociale. Ma la conversione deve essere complessiva, politica e culturale: la vendita delle armi all’Arabia Saudita o il gioco d’azzardo distruggono e non creano. Non possiamo restare ostaggi dei paradisi fiscali e di un accentramento della ricchezza in poche migliaia di mani; non possiamo più non dare regole a tanta speculazione e alla finanza ombra; o consentire che un calciatore paghi la metà delle tasse di un imprenditore e certi manager siano pagati 450 volte più dei propri impiegati. Non possiamo più permetterci una timida lotta alla tracciabilità del denaro. Come non possiamo veder fuggire tanti giovani perché siamo un Paese in cui le conoscenze contano più della conoscenza.

La realtà esprime tanta capacità di fare squadra, di solidarietà, di creatività e innovazione, ma emblematica resta la vicenda dei vaccini: un miracolo del coraggio della collaborazione scientifica e frutto anche dell’accoglienza (i creatori del primo vaccino sono immigrati). Ma, senza diffondere i brevetti, milioni di persone continueranno a morire e resteremo tutti ostaggi del virus. Possiamo farcela, ma il futuro chiede più coraggio.

Emiliano Manfredonia è presidente nazionale Acli

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