giovedì 2 settembre 2021
Con la compravendita dei nostri dati i siti monetizzano in parte le nostre navigazioni gratuite. Occorre quindi tener alta l’attenzione e usare qualche piccolo trucco quando navighiamo
I siti web e l'assedio dei cookie: siamo noi stessi la grande difesa

Ansa

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Caro direttore,
sono uno di quelli che al momento di accettare i cookie, per leggere un articolo, preme il tasto “personalizza”. A volte c’è la possibilità di deselezionare i singoli permessi, altre volte c’è il pulsante “rifiuta tutto”, ma il più delle volte non è chiaro cosa stai accettando. In certi casi la sensazione è che non ti facciano personalizzare affatto. I siti più ambigui ti mostrano la lista delle aziende a cui passano i tuoi dati, e non ti fanno scegliere nulla. Sarebbe più onesto che dicessero: se vuoi leggere devi accettare. In questo caso salterei l’articolo e tanti saluti. Come comportarsi, per non distribuire al mondo i propri dati? Grazie

Eugenio Sgarbi Bologna

Gentile dottor Sgarbi, sono il social media manager di “Avvenire”, e il direttore mi incarica di risponderle. Quello che lei indica è un problema importante che purtroppo viene spesso snobbato dalle persone perché considerato noioso o di non facile comprensione. Per aiutare tutti i lettori a comprenderlo dobbiamo ricordare che i cosiddetti cookie sono stringhe di testo di piccole dimensioni dove i siti che visitiamo memorizzano alcuni dati relativi alla nostra navigazione. I cookie sono di due tipi: quelli «tecnici» che salvano le preferenze e i criteri di navigazione di ognuno (per questo tipo non è necessario il consenso degli utenti) e i cookie di profilazione che tracciano tutto ciò che facciamo per finalità pubblicitarie. Per questi ultimi è necessario il consenso dell’utente. E qui siamo alle dolenti note che lei denuncia e che tutti noi proviamo quotidianamente sulla nostra pelle: quando capitiamo su certi siti (anche di alcuni giornali) non sempre è chiaro che cosa stiamo accettando. Quando poi incontriamo il tasto “rifiuta tutto”, scopriamo che se lo clicchiamo ci viene impedito di leggere ciò che volevamo. Detta in maniera un po’ semplicistica, attraverso la compravendita dei nostri dati i siti web monetizzano in parte le nostre navigazioni gratuite. Quindi, come possiamo difenderci? La prima cosa da fare è vigilare come fa lei. Cioè non accettare tutto per stanchezza o per distrazione. Solo che siccome è faticoso e spesso complicato, molti desistono. La stessa cosa vale per quando usiamo i social o qualunque app. Quando accettiamo senza leggerle le regole anche di giochi innocui, diamo il consenso al tracciamento totale di quasi tutto quello che facciamo. Introducendo con il Gdpr l’obbligo da parte dei siti web di farci accettare i cookie di profilazione, l’Unione Europea ha fatto un passo importante per difenderci. Ovviamente non basta e si può e si deve fare di più e di meglio. Torna la sua domanda cruciale: come possiamo difenderci? Oltre a tenere alta l’attenzione su ciò che accettiamo, per quello che riguarda i siti web possiamo “settare” i programmi che usiamo per navigare online in modo da cancellare i cookie quando terminiamo una sessione, così da ridurne la diffusione. Un’altra scelta oculata è quella di cliccare in alto a destra sul programma che usiamo per navigare sul web e scegliere «nuova finestra di navigazione in incognito». Possiamo anche scegliere di bloccare in automatico tutti i cookie, ma così la maggior parte dei siti non funzionerà. Insomma, siamo alle solite. La tecnologia da sola non basta per difenderci. Il nostro più prezioso alleato ancora una volta siamo noi.

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