I fronti tragicomici del gender
domenica 9 luglio 2017

Chi pensava che le teorie del 'gender' avessero raggiunto il massimo d’espansione, deve oggi ricredersi, di fronte a nuove invenzioni che nascono qua e là in Occidente. Tutti ricordiamo la pratica già avviata in alcune realtà locali di non usare più i termini 'padre' e 'madre', e sostituirli con 'genitore 1' e 'genitore 2', così da nasconderne il sesso, e favorire una sorta di parità per le coppie di persone dello stesso sesso. Dopo aver propagato questo camuffamento semantico, l’attenzione si è rivolta a figli e figlie, e non solo. La novità più recente, e più esilarante, se non fosse avvilente, viene dalla Spagna, dove la Generalitat Valenciana della relativa Comunità autonoma ha approvato nei giorni scorsi una «Guida breve per un uso non sessista del linguaggio in ambito sanitario», rivolta al personale medico e amministrativo.

Nella guida si raccomanda una serie di alternative di linguaggio per evitare che traspaia, anche indirettamente, l’identità sessuale delle persone. Tra le tante proposte, ad esempio, invece di bambino/i, bambina/e, figlio o figlia (niño, niña), dovrà usarsi il creatura (criatura, criaturas), tecnicamente neutro. Invece di hijos (figli) si dirà discendenza ( descendencia), invece di dottori si dovrà dire personale medico, al posto di infermi si dirà 'persone inferme'. Infine, non si dovrà parlare di anziani/e ma si dovrà dire personas majores (persone grandi). Forse avvertendo il rischio d’esposizione al ridicolo internazionale, il Governo locale ha poi dichiarato che tali indicazioni non comporteranno obblighi giuridici, perché si tratta di 'raccomandazioni'.

Già, saranno anche solo 'raccomandazioni', ma resta il fatto che non si sa, per esempio fino a quale età si potrà usare il termine 'creatura', solitamente riferito a bambini molto piccoli. Ed è evidente che voler nascondere l’identità degli anziani determina un vero sgarbo verso di loro. D’altra parte, non va dimenticato che, oltre al citato esempio dei 'genitori 1 e 2', è in corso una sorta di crociata linguistica per cambiare antichi e recenti termini grammaticali, come quella in atto negli Usa per cambiare i pronomi della lingua inglese ( he, she) che indicano i due sessi, e sostituirli con uno neutro.

Secondo questa logica, potremmo abolire il significato maschile o femminile dei nomi personali, dichiararli per decreto universale tutti neutri e permettere di dare a figli e figlie, indifferentemente quelli (all’origine) maschili o femminili a prescindere dal loro sesso effettivo. All’inizio ci sarebbe un po’ di confusione, ma una volta che l’usanza si affermi si potrà chiamare il figlio Cecilia o Maria Assunta, e la propria figlia Antonio o Giovanni. La vetta dell’assurdità sarebbe così conquistata, e per capire di quale sesso è veramente una creatura non resterebbe altro da fare che presentarla nella sua fisicità: una sorta di habeas corpus, istituito nel 1679 in Inghilterra per difendere le persone dai soprusi dei potenti, aggiornato al tempo delle teorie del 'gender'.

Non si ha cuore, invece, di usare una pur amara ironia per ciò che sta avvenendo in alcune scuole, italiane ed europee, e che i lettori di 'Avvenire' conoscono bene, dove con la scusa di questionari che hanno tutt’altra finalità (nel caso in specie, la matematica) s’è giunti al punto d’inserire domande ammiccanti a 'gender', omosessualità, aborto, con allusioni all’orientamento religioso e all’educazione che si riceve in famiglia, in modo da creare imbarazzo nei ragazzi, e diffondere fraudolentemente concetti, tendenze, orientamenti di un relativismo senza fine. Chiunque vede come questo meccanismo potrebbe essere usato all’infinito, anche quando si affrontino temi storici, di astronomia, geografia, sociologia, sport, eccetera. E qui non c’è posto per l’ironia, perché siamo di fronte a una questione gravissima, quella della violazione di princìpi solenni che possiamo chiamare di diritto naturale, di livello costituzionale, e che stanno al vertice delle Carte internazionali dei diritti umani: il diritto dei genitori di educare i propri figli, il diritto dei giovani di non subire pressioni o invadenze aliene nella sfera più intima, a non subire condizionamenti ideologici attraverso la scuola, e via di seguito. Nessuna legge può imporre di chiamare le persone in certo modo o proibirgli di chiamare un figlio 'figlio' e un’anziana 'anziana'. Così come nessuna legge consente di sostituirsi ai genitori nella formazione ed educazione dei figli. Tutte le Costituzioni e le Carte internazionali proclamano esattamente il contrario, e tutelano i diritti dei genitori e dei figli da intromissioni di soggetti estranei che vogliano usare la scuola di tutti per propagare ideologie aetiche. Per questo di fronte ai nuovi deliri dei teorici del 'gender', superino o meno ogni soglia del ridicolo, è necessaria una campagna culturale e politica per la legalità e per la tutela dei minori dentro e fuori la scuola.

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