Guerra e pace: la consapevolezza di Obama, la reticenza dei bellicisti
mercoledì 26 ottobre 2022

Caro direttore,
avevo appena sottoscritto l’appello per la pace in Ucraina attraverso un «negoziato credibile», ospitato anche da “Avvenire ”, che già il Web era ricco di interventi di altre testate e di sperimentati opinionisti, che esprimevano forti perplessità nel merito – e fin qui nulla di strano –, ma non di rado le condivano con toni di scherno, che non saprei definire se non odiosi, verso la stessa idea di negoziato e verso chiunque osi parlarne. Credo che alla base di certo livore ci sia, oltre ovviamente alle inevitabili reazioni passionali che una tragedia come la guerra si porta sempre appresso, anche un evidente errore logico. Si parte da due premesse sacrosante – che nessuno deve insegnare all’Ucraina cosa è o non è accettabile per lei, e che una nazione aggredita nel cuore dell’Europa merita il nostro convinto sostegno – e si trae una conclusione errata, ossia che la Ue e la Nato sono moralmente obbligati a supportare in qualunque modo e con qualunque mezzo qualsiasi decisione ucraina, a prescindere dalle possibili conseguenze. E ne consegue, subito dopo, che chiunque osi dubitare di questo, è un vile e cinico “panciafichista”, come si diceva una volta. Contro questo paralogismo si è espresso con magistrale chiarezza nientemeno che il 44° presidente degli Stati Uniti di America, Barak Obama, il quale in un programma trasmesso il 15 ottobre dal Podcast “Pod Save America” ha dichiarato senza giri di parole, dopo aver ovviamente richiamato le due premesse di cui sopra, che «we do have to be clear and honest with them (gli Ucraini) about what we can and we cannot do», abbiamo il dovere di dire chiaramente e onestamente a coloro che supportiamo, quale supporto possiamo dare, e quale non possiamo. Bisogna cioè tracciare una linea; non è mia responsabilità farlo, ha detto l’ex capo della Casa Bianca con malcelato sollievo, ma deve esserci una linea di confine «where defence stops and offence begins», oltre la quale la legittima difesa diventerebbe aggressione. Non è mancata una espressione di rammarico, per non dire di critica, per il fatto che le linee di comunicazione tra Casa Bianca e Cremlino sono « probabilmente » ai minimi storici – cioè precisamente una esortazione a risolvere le questioni per via diplomatica. Proprio quello che da noi troppi considerano un’eresia. Difficilmente si potrebbe essere più chiari: la Nato non è in guerra con la Russia (Obama lo ha ricordato esplicitamente, a scanso di equivoci) e non deve comportarsi come se lo fosse. In politica si può essere ambigui, e a volte persino si deve; ma in guerra no. E la chiarezza e l’onestà di cui ha parlato Obama, purtroppo non si vede.

Luca Fabri Genzano di Roma

Speriamo e continuiamo a spendere cronache, opinioni, energie e a tessere la tela della non rassegnazione alla guerra. Auguriamoci e impegniamoci perché la preoccupata consapevolezza dimostrata da Obama, ma anche da poche altre figure politiche e istituzionali di qua e di là dell’Atlantico (e persino a Mosca), trovi sostegno in una grande e crescente mobilitazione popolare. Sono d’accordo con lei: è più che mai il momento della chiarezza e dell’onestà non solo per non far entrare in guerra la Nato, ma per far uscire dalla guerra Ucraina e Russia e non far finire nessun’altra nazione, nessun altro popolo nella fornace.

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