Uomini a terra (e anche noi)
mercoledì 29 luglio 2020

Uomini a terra. Assassinati. E non importa dirne oggi il numero perché il loro sangue versato riassume e grida quello di ogni uomo e donna e bambino seviziato, fucilato, annegato o lasciato irrimediabilmente agonizzare lungo la strada della desolata speranza che attraversa il Sahara e s’inabissa nel mare che chiamiamo Mediterraneo e che diciamo nostro.

Uomini a terra. Uccisi sotto gli occhi dei funzionari dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni dai 'guardacoste' libici per aver cercato di non tornare nei campi di concentramento, da cui erano usciti a caro prezzo, che ancora costellano il Paese nordafricano, luoghi del dolore e dell’ingiustizia, definiti 'lager' anche dall’Onu, nei quali si consumano violenze di ogni tipo e si organizza il traffico di esseri umani verso l’Europa.

Uomini a terra. Sulla banchina di Khums. E dal corpo di ognuno di essi non ci è né ci sarà mai consentito di distogliere lo sguardo, perché ogni tragica morte d’uomo ci riguarda, e perché i proiettili che li hanno trafitti sono pagati anche con soldi italiani. Il voto delle Camere e le parole di carta di politici senza saggezza e senza verità hanno appena rinnovato lo sconcio: anche l’Italia arma banditi in divisa e li nomina sceriffi. Chi ha testa e cuore, che sieda al Governo, in Parlamento o sia semplicemente un cittadino non rinunci a fare i conti con questo pensiero: c’è qualche centesimo anche delle nostre tasse nella moderna 'libbra di polvere da sparo' che ha regolato una volta per tutte dei 'senza regola' che ancora s’illudevano di fuggire la sofferenza e la sopraffazione.

Uomini a terra. Venivano dal Sudan, questo solo sappiamo di loro. E non sarà mai abbastanza per dire chi erano e non smetteranno di essere. Uomini, appunto.

Come noi, proprio come noi.

Uomini a terra. Di là e di qua dal mare. E di qua e di là dal mare uomini in fuga. Almeno di qua – e di questi tempi e comizi è già qualcosa – non si spara ad altezza d’uomo che fugge, anche se i giornali (tutti, ma non tutti con bellico furore) hanno annunciato l’invio dell’Esercito. Queste altre persone spesso non sono sole, viaggiano con la famiglia, e non sono profughi dalla Libia, ma gente che sogna la Francia e viene dalla Tunisia, Paese in verticale crisi politica.

Sono migranti irregolari, tra loro ci sono malati. Non si emigra così, e tanto più in tempi di pandemia. Ma in Italia ne hanno stipati più di cinquecento in un tendone per cento. E non si trattano così esseri umani, tanto più in tempi di pandemia. Se questo trattamento fosse stato riservato a stranieri europei o nordamericani (che pure, oggi, sono i più 'appestati' di Covid del mondo) e fossero fuggiti dal tendone qualcuno se ne sarebbero stupito?

Chiediamocelo. E prima ancora chiediamoci se mai li avremmo trattati nello stesso modo degli africani.

Uomini a terra. E noi, e la nostra umanità e la nostra democrazia, come stiamo?

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