Aiuto al mondo, l’ora è adesso
domenica 13 giugno 2021

«Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita». Questa verità ha più di 2.500 anni e il mondo non l’ha mai imparata a memoria. La ignora, continua a “donare” convinto da sempre che sia l’unico modo per aiutare. Tre mesi fa, il direttore Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, scriveva ai leader mondiali che era tempo di ribaltare le strategia, come in guerra. In quella lettera aperta esortava i Grandi a scelte coraggiose per uscire dall’incubo della pandemia. A partire da una decisione chiara, semplice e terribilmente efficace: «Sospendere i brevetti».

Ma le prime sette autoproclamate potenze mondiali sembrano aver perso un’altra occasione per cambiare strada. Di fronte all’apartheid vaccinale di cui è prigioniero il Sud geopolitico del Pianeta, i leader del G7 a Corbis Bay hanno optato per la via più facile: mettere la mano in tasca a tirar fuori le monete con cui donare un miliardo di dosi entro l’anno prossimo, non subito ma tra diciotto mesi. Una cifra che luccica, che attrae forse in valore assoluto. Ma del tutto insufficiente per risolvere il dramma: occorrono altri 10 miliardi di vaccini per immunizzare il 70 per cento degli abitanti della Terra e raggiungere così quell’immunità di popolazione indispensabile per mettere fine alla pandemia. In caso contrario – non si stancano di ripetere gli esperti –, il virus resterà in agguato, pronto a una nuova, tragica mutazione-irruzione. È interesse comune, dunque, “vaccinare il mondo”. Papa Francesco lo ripete fin dal Regina Coeli del 3 maggio 2020. Per altro, formalmente, nessuno obietta. Anzi. Il divario tra la teoria e la realtà è però fatto di cautele, distinguo, timidi passi avanti e bruschi dietrofront. Un’ipotesi – forse la più semplice – è la somministrazione alle nazioni a basso reddito delle fiale in eccesso che Europa e Usa si sono accaparrati fin dal primo momento. Con tutta la buona volontà, tuttavia, le scorte accumulate e non utilizzate non superano i due miliardi. Ne mancano sempre otto all’appello.

L’Unione Europea, da parte sua, è spaccata tra la necessità di accelerare la distribuzione dei vaccini e la volontà di non scontentare Big Pharma. Il difficile equilibrio verrebbe garantito dal ricorso alle cosiddette «licenze facoltative»: senza alcuna deroga sulle proprietà intellettuale, le case farmaceutiche stipulano, in piena autonomia, accordi con Paesi terzi a cui appaltare la produzione. Alcune, in realtà, lo stanno già facendo. L’equità vaccinale, tuttavia, non è migliorata. C’è un’altra possibilità, sostenuta con forza da scienziati, premi Nobel e attivisti, dall’Onu e dall’Oms. Oltre che dal Papa. La sospensione temporanea dei brevetti sui vaccini anti-Covid fino al termine della pandemia.

La discussione all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) – deputata a dirimere la questione – va avanti dal 2 ottobre scorso quando India e Sudafrica hanno presentato la richiesta. Non è un caso che siano proprio queste le nazioni capofila: New Delhi e Pretoria – all’epoca c’era con loro anche il Brasile – guidarono la battaglia per l’accesso universale agli antiretrovirali. E, contro ogni previsione, la vinsero, consentendo al Sud del Pianeta, in particolare all’Africa, di ridurre drasticamente le morti per Aids. Stavolta la lotta si profila forse ancora più ardua. Il fuoco di sbarramento dei Grandi, il 12 marzo, ha fatto naufragare la prima proposta, senza arrivare nemmeno a una bozza. Nel frattempo, però, un segnale di speranza è arrivato dall’improvvisa scelta di Joe Biden di sostenere lo stop ai brevetti. All’ultima riunione della Wto, l’8 e 9 giugno, gli Usa hanno votato con il Sud a favore di redigere almeno un testo per la discussione. Negli stessi giorni, tuttavia, il presidente Usa ha presentato un «grande piano anti-Covid», in cui non figura nemmeno un cenno all’allentamento della proprietà intellettuale. Insieme all’Europa, Washigton s’è orientata per il “dono delle dosi”, suscitando fastidio in quanti – Oms inclusa – vi leggono un fondo di comodo paternalismo.

Anche senza brevetti, il Sud del mondo non sarebbe in grado di fabbricare i farmaci anti-Covid, per mancanza di competenze e materie prime. Questa la tesi delle principali aziende farmaceutiche: peccato che l’80 per cento dei medicinali sia fabbricato proprio nelle periferie globali. E che, durante un evento dell’Oms del mese scorso, un gruppo di esperti abbia individuato potenziali produttori in Pakistan, Bangladesh, Sudafrica, Senegal, Indonesia e Canada. A condizione di rimuovere l’ostacolo brevetti, come legalmente previsto dal trattato istitutivo della Wto. «In circostanze eccezionali, la Conferenza dei ministri può decidere di concedere una deroga a un obbligo imposto a un membro dal presente accordo o da un accordo commerciale multilaterale», si legge all’articolo 9. In circostanze eccezionali, appunto. Se non ora, quando?

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