Fermiamo l'escalation
mercoledì 19 gennaio 2022

Esiste un punto di vista neutrale, super partes, nella contesa tra Russia e Nato sull’Ucraina, qualcosa che possa aiutare a vedere una ragionevole via d’uscita dall’escalation verbale e militare che stiamo osservando in queste settimane? Mosca vede nell’allargamento dell’Alleanza Atlantica ai suoi confini, con il possibile ingresso di Kiev, una minaccia diretta, per la conseguente dislocazione alle proprie porte di armamenti ostili. E denuncia la violazione di un presunto, tacito impegno preso dagli Stati Uniti al momento di ottenere il via libera sovietico alla riunificazione della Germania, cioè proprio quello di non espandere a Est il dispositivo bellico occidentale. A livello diplomatico si invoca il principio degli 'Stati cuscinetto', in base al quale una grande potenza, al fine di mantenere la sicurezza, deve potere contare su una cintura di territori neutrali.

La contesa per l’Ucraina è esacerbata dalle pretese su un Paese che è stato a lungo parte dell’Urss ed è culla storica della cultura russa, in cui la minoranza russofona sarebbe oppressa. La Nato e i suoi Paesi membri, principalmente Washington, ma anche l’Europa per la quota di aderenti al Patto, rivendica la libertà delle adesioni e il diritto per Kiev di scegliere la propria traiettoria geopolitica e rifiuta il ricatto di Putin, materializzato nei centomila soldati schierati poco lontano dalla frontiera. Le ricostruzioni degli esperti dicono che non ci fu alcuna promessa di rispettare a tempo indeterminato i cosiddetti blocchi di influenza come erano usciti dalla Guerra Fredda. E, ovviamente, Mosca non è la vittima indifesa di un progressivo accerchiamento, avendo invaso e annesso la Crimea nel 2014 e continuando a sostenere la guerra a bassa intensità degli indipendentisti del Donbass. D’altra parte, l’Alleanza è espressione di un progetto che è difensivo, ma anche portatore di visioni e interessi precisi: lo scopo era quello di vincere la partita con l’Urss e oggi la Russia del presidente che rimpiange l’Unione Sovietica (la cui dissoluzione sarebbe stata stata «l’evento peggiore del secolo» scorso) continua a essere un avversario da tenere a bada e, se possibile, ridimensionare in tutte le sue ambizioni. Si sa che Putin persegue un progetto espansionista che è anche funzionale a puntellare una popolarità interna incrinata dalla crisi economica e dallo sviluppo sociale iniquo.

Portare l’Ucraina nell’orbita occidentale è un’inutile provocazione, una forma di espansionismo che interferisce con equilibri consolidati o comunque da non turbare? La diplomazia che si è messa in moto negli incontri di Ginevra si confronta su un tavolo per ora troppo ingombro di pistole cariche, nella forma di blindati sul campo e di sanzioni devastanti prospettate. Un osservatore imparziale, quello della nostra domanda iniziale, potrebbe ricordare che i principi degli Accordi di Helsinki del 1975, ereditati dall’attuale Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), sono ancora in vigore per tutti.
Tra i più pertinenti, si possono ricordare: rispetto della sovranità dei Paesi; non ricorso alla minaccia o all’uso della forza; inviolabilità delle frontiere; integrità territoriale degli Stati; non intervento negli affari interni. Quanto li ha violati Mosca e quanto la Nato? Per i torti la bilancia sembra pendere dal piatto di Putin, ma l’essere dalla parte della ragione non autorizza un interlocutore assennato a forzare la mano in una partita delicata.

Secondo alcuni, la Russia non invaderà mai l’Ucraina, anche se gli analisti militari le assegnano un netto vantaggio operativo. L’idea di un accordo che salvi l’onore di entrambi ed eviti il peggio sembra essere la strada più saggia da percorrere.

E questo ha suggerito il nuovo governo tedesco, che può giocare un ruolo di rilievo nella trattativa per gli interessi economici-energetici condivisi, con la visita di ieri del neo-ministro degli Esteri Baerbock. In vista dell’incontro tra il segretario di Stato Usa Blinken e il suo omologo Lavrov, un punto di vista neutrale che offra una soluzione facile alla crisi non sembra dunque a disposizione. Tutti inevitabilmente sono schierati, perché anche l’arrendevolezza unilaterale eccessiva nel nome della pace spesso non fa che alimentare ostilità future. Se l’Ucraina resterà fuori della Nato, essa non va abbandonata a una sottile colonizzazione russa o a blitz stile Kazakistan. La giusta priorità di scongiurare il ricorso alle armi in ogni caso non metterà fine a tensioni e pressioni reciproche. Senza dimenticare che torti e ragioni non sono ugualmente distribuiti.

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