venerdì 20 settembre 2019
Una ragazzina ogni 5 data in sposa sotto i 15 anni. Nel centro di Terre des Hommes dove si aiutano le giovani donne ad avere un futuro
Una ragazzina alla scuola di Terre des Hommes a Kurigram, in Bangladesh (Sesana)

Una ragazzina alla scuola di Terre des Hommes a Kurigram, in Bangladesh (Sesana)

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Ogni mattina Leila si sveglia all’alba, prepara la colazione per il marito e i suoceri. Solo dopo che ha finito di lavare i piatti e pulire casa può andare a scuola. Ha appena 15 anni e un viso da bambina, incorniciato da un velo rosa. «Mi sono sposata perché la mia famiglia è molto povera e ho due fratelli più piccoli, in questo modo per loro è più facile andare avanti. Mio marito è una persona istruita: è stato lui a propormi di continuare a frequentare la scuola. Sono contenta che mi abbia dato questa possibilità. Vorrei proseguire gli studi, lavorare e diventare un’agente di polizia». Ma non mancano gli ostacoli lungo la strada che Leila dovrà percorrere per realizzare il suo sogno: in casa deve anche prendersi cura della suocera malata e quando arriva il momento di raccogliere il riso anche lei è chiamata a dare il suo contributo nei campi. «Per questo non posso frequentare regolarmente le lezioni – spiega –. Ma io mi impegno, studio a casa per restare in pari con il programma». Nonostante l’impegno, però, quest’anno è stata bocciata in matematica.

In Bangladesh, poco meno del 60% delle ragazze si sposa quando non ha ancora compiuto 18 anni, l’età minima fissata per legge. E, secondo le stime di Unicef (l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia), una bambina su cinque (il 22%) si sposa quando ha meno di 15 anni, proprio come è successo a Leila. Dati che fanno schizzare il Paese asiatico al secondo posto di questa triste graduatoria. Secondo le stime di 'Girls not Brides', infatti, in Bangladesh vivono circa 4.451.000 spose bambine; solo in India, si registrano numeri più elevati (oltre 15 milioni) mentre al terzo posto si attesta la Nigeria, con oltre 3,5 milioni di bambine e ragazze costrette a sposarsi in un’età in cui dovrebbero invece pensare ai propri studi e a costruire il proprio futuro.

Per 'Girls not brides' il matrimonio precoce è una violazione dei diritti umani delle bambine e delle ragazze, dal momento che viola il loro diritto alla salute (le gravidanze precoci espongono infatti le adolescenti al rischio di morire di parto), il diritto all’istruzione, all’eguaglianza e a una vita libera da violenze e sfruttamento. Per questo motivo le Nazioni Unite hanno inserito l’eliminazione di questa pratica tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. Un target ambizioso, se pensiamo che ogni anno sono oltre 12 milioni le ragazze con meno di 18 anni costrette a sposarsi: quasi una ogni due secondi. «Abbiamo saputo del matrimonio quando era già stato celebrato. E non abbiamo potuto fare nulla per impedirlo», spiega Morcheda Parvim, 24 anni, che lavora come educatrice nella scuola gestita da 'Terre des Hommes' nella città di Kurigram dove abbiamo incontrato Leila. Con tenacia e pazienza, Morcheda lavora con le bambine per aiutarle a proseguire il più possibile gli studi, incontra le famiglie per convincerle ad allontanare il momento delle nozze o per riportare le ragazze sui banchi di scuola dopo il matrimonio: «Impedire a queste ragazze di continuare a studiare è un errore. Noi continuiamo a seguirle e motivarle in questo difficile percorso».

Una sfida non facile in un Paese dove – secondo le stime della Banca Mondiale – il 24,3% della popolazione vive ancora in condizioni di povertà "moderata" e il 13,8% in povertà assoluta, con meno di 1,90 dollari al giorno. Nel distretto di Kurigram, secondo le stime del Bangladesh Institute of development studies il tasso di povertà raggiunge il 70%. Ed è proprio la povertà uno dei fattori principali che alimenta i matrimoni precoci: «Far sposare le proprie figlie ancora adolescenti è il modo più semplice con cui una famiglia può uscire dalla povertà – spiega Heronmay Sarkhel, responsabile della formazione nella scuola di 'Terre des Hommes' –. Dobbiamo fare i conti con una radicata discriminazione di genere: i genitori preferiscono investire tutte le risorse familiari per i figli maschi che, una volta adulti, provvederanno ai genitori anziani. Mentre le figlie femmine entrano a far parte della famiglia del marito».

C’è poi il problema della dote che i genitori della sposa devono pagare al futuro marito. Sebbene sia vietata dal 1980 (e la legge è stata aggiornata nel 2018), la prassi resta molto comune e può pesare in maniera spropositata su bilanci domestici già fragili: «Una famiglia di contadini che guadagna l’equivalente di 70 euro al mese, può pagare anche 1000 euro di dote per il matrimonio della figlia – spiega Heronmay Sarkhel –. Per affrontare questa spesa si vendono le terre o si fanno debiti anche con le società di microcredito». Il "prezzo della sposa" per una ragazza molto giovane e poco istruita è più basso, mentre tende a crescere con il passare degli anni e con l’alzarsi del livello d’istruzione. Un altro fattore che spinge i genitori a combinare matrimoni per le figlie ancora giovanissime è il timore che queste possano essere oggetto di molestie, abusi o violenze sessuali. Come spiega Unicef Bangladesh, alle ragazze spetta il compito di mantenere l’onore della famiglia e il matrimonio rappresenta un mezzo per proteggerne la castità. Che nella percezione comune viene esposta a grandi rischi con l’inizio della pubertà, quando le adolescenti iniziano ad attrarre gli sguardi maschili.

Nonostante le difficoltà qualche passo avanti nella lotta ai matrimoni precoci è stato fatto. «Nel distretto di Ramna (a una trentina di chilometri da Kurigram, ndr) celebriamo tra i 70 e i 100 matrimoni l’anno. Fino a 3-4 anni fa quelli che coinvolgevano ragazze minorenni oscillavano tra il 70 e l’80%. Ora siamo tra il 30 e il 40%», spiega il giovane qadi Kairul Alam che assiste il padre, ormai anziano, nel disbrigo delle varie attività, tra cui la registrazione dei matrimoni civili. «Oggi c’è più attenzione alla legge e abbiamo anche alcuni strumenti che ci permettono di controllare l’età della ragazza». Il 'Child marriage restraint Act', approvato nel 2017, fissa a 18 anni per le ragazze (e a 21 per i ragazzi) l’età minima per le nozze. Solo in alcuni 'casi particolari', che tuttavia non vengono indicati chiaramente nel testo della norma, è permesso celebrare il matrimonio per ragazze minorenni, con il consenso dei genitori. Per molte organizzazioni non governative, il timore è questa clausola possa essere utilizzata, ad esempio, per legittimare il matrimonio tra una ragazza vittima di stupro e il suo aguzzino.

Il governo ha poi attivato un numero verde, dedicato alla denuncia dei casi di matrimoni precoci, e ha istituito i Comitati per la protezione dell’infanzia attivi a livello locale nei distretti e nelle città. Infine, l’attivazione di un registro nazionale cui le autorità civili e religiose possono accedere online per verificare la veridicità dei documenti che vengono presentati al momento del matrimonio. Tra cui l’atto di nascita della sposa, che da qualche anno è obbligatorio. «Con questi dati posso accedere online al registro nazionale e verificare l’età della ragazza – spiega Kairul Alam –. Il sistema, però, presenta delle falle. Se vengono scoperti, i genitori di una ragazza minorenne che hanno prodotto un documento falso possono registrare nuovamente la figlia all’anagrafe, semplicemente modificando leggermente il nome. Raramente tornano da me, e in quei casi ho avvisato la polizia, spesso si rivolgono a un altro qadi per celebrare il matrimonio».

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