Evviva le medaglie paralimpiche (la stima che dobbiamo loro)
martedì 7 settembre 2021

I successi di Tokyo, le difficoltà e durezze quotidiane, la promozione umana Isuccessi italiani alle Paralimpiadi mostrano ancora una volta che un difetto, una fragilità, una debolezza che si vorrebbe non avere e nascondere può essere accettata come una condizione umana differente, ma non meno piena di dignità e di forza. Tanto che quel limite può persino diventare il perno che consente di arrivare imprevedibilmente a una vita piena.

«Quando sono debole, è allora che sono forte», diceva san Paolo (2Cor. 12,10) e quanto sta avvenendo a Tokio ne è l’ennesima conferma. In queste circostanze è normale parlare di storie che fanno della fragilità un punto di forza e bisogna dire che quest’anno gli atleti italiani hanno davvero esaltato tale aspetto. Le storie dei nostri campioni sarebbero da raccontare tutte. Non solo quelle di chi ha ottenuto una medaglia, ma anche di chi non ce l’ha fatta e comunque continua a dedicarsi allo sport. Per chi guarda da casa non è solo uno spettacolo edificante, è anche una lezione morale che non permette più di trovare scuse.

Abbiamo finito con l’incredibile podio tutto tricolore e femminile nei 100 metri di Sabatini, Caironi e Contrafatto che dicono da sole il potere di rinascita dello sport. Non possiamo dimenticare però Bebe Vio, che ha vinto due medaglie e circa 150 giorni prima usciva da un ospedale dopo essere stata aggredita da un pericoloso batterio. C’è Assunta Legnante, che vince l’argento e batte il record europeo nel lancio del disco, facendo qualcosa di straordinario per una persona diventata non vedente in età adulta, quando era all’apice della carriera sportiva 'normale': le proposero le paralimpiadi e le sembrò una follia lanciare il disco con quella menomazione, ma c’è riuscita. Ha imparato ad ascoltare il suo corpo che aveva appreso gli automatismi del lancio ed ecco la storia di questo argento meraviglioso.

Ci sono i grandi successi nel ciclismo. E qui, a dare luce alla performance straordinaria dei nostri atleti, c’è il grande assente, Alex Zanardi. Che, ancora in coma dopo il gravissimo incidente di tempo fa, è comunque simbolo di resilienza, ottimismo, sorriso, forza. Le Paralimpiadi sono anche un’occasione per ricordare che la cura e l’assistenza alle persone disabili è un problema enorme. I bisogni sono infiniti, eppure pare che nel nostro Paese le risorse per persone con bisogni speciali siano sempre meno. La cosa più grave è che spessissimo la famiglia viene lasciata sola, oppure, nell’intento di 'normalizzare' tutto, si dipinge la disabilità solo come «un’opportunità».

Non che non lo sia, ma non bisogna tralasciare di dire che la ricchezza che la disabilità porta con sé comporta anche dolori, angosce e spese enormi che un nucleo familiare isolato non può e non deve affrontare da solo. Le Paralimpiadi servono per ricordare che lo Stato, la società, devono intervenire per affiancare e aiutare. Fare gioco di squadra, insomma. «Ogni uomo guardi un altro uomo dall’alto in basso solamente quando deve aiutarlo a sollevarsi». Lo disse papa Francesco a santa Marta il 9 ottobre 2017 e riassume un’enciclopedia. In quell’occasione parlava della parabola del Buon Samaritano e ne emergeva un programma di vita che non vale solo per i casi estremi come quelli delle persone disabili, ma è vero ogni qual volta siamo chiamati ad abitare la solitudine, anche silenziosa, di chi ci passa accanto e magari non urla perché se ne vergogna.

E se ne vergogna perché è intrappolato nella disabilità peggiore di tutte: la mancanza di stima di sé, la convinzione della propria inutilità anzi di essere solo un peso per gli altri. Allora è il momento di accorgersi on the road, strada facendo, di chi ha bisogno di noi. Significa prenderselo in carico e portarlo in una locanda: ovvero attivare risorse umane (il locandiere), di spazio (la locanda), metterci qualche soldino, e infine rimanere lì tutta la notte garantendo poi un ritorno.

Al di là delle medaglie e del clamore mediatico, queste vittoriose Paralimpiadi possono diventare un’importante occasione di crescita umana e culturale per il Paese. Sarà così se nasceranno tanti progetti di promozione umana che spessissimo prendono spunto proprio, non dalla ferita fisica fattuale, ma dal far recuperare alla persona interessata e alla sua famiglia la stima. Di sé e della società.

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