«Dov'è finita la coscienza d'America?» C'è, si sente. Credo che Trump ascolterà
sabato 18 febbraio 2017

Gentile direttore,
ho letto con molto interesse il suo apprezzabile editoriale dedicato ai primi gesti della presidenza di Donald Trump e intitolato «Infame è il marchio» ('Avvenire' di domenica 29 gennaio 2017) e anche il seguente dibattito che è stato lodevolmente pubblicato e commentato. Della sconcertante vicenda dei temporanei divieti di ingresso negli Usa emessi da Trump, nonché dei diversi muri da erigere (quanti invisibili, ma terribilmente discriminatori, esistono anche nella nostra società!) mi ha colpito soprattutto un dato. Una volta presa la decisione, considerata comunque odiosa e ingiusta da molti americani, tutti gli organi dello Stato federale l’hanno applicata immediatamente, non ho letto di casi di coscienza. Mi chiedo allora, senza avere la pretesa di azzardare alcun paragone irriverente, ma di chi è allora la responsabilità di tutto ciò: di una persona 'eccentrica', imprevedibilmente al potere a Washington o della accondiscendenza, connivenza, se non del favore della società americana?

Oscar Magrassi

Per la verità, gentile signor Magrassi, ci sono stati, eccome, uomini e donne consapevoli dei princìpi di civiltà che sono alla base dello ius gentium e informano anche la Costituzione degli Stati Uniti d’America e perciò capaci di obiettare in coscienza di fronte a messaggi e atti sbagliati dello stesso Presidente. Sally Yates, ministro della Giustizia ad interim, è stata addirittura rabbiosamente 'licenziata in tronco' per questo. E una motivata e salda resistenza verso la ravvisata ingiustizia c’è stata anche in punto di diritto, come dimostra il 'blocco' da parte di un giudice, con successiva conferma di un collegio d’appello, del cosiddetto Muslim Ban, il divieto d’ingresso per tre mesi negli Usa stabilito da Trump per rifugiati, lavoratori e turisti provenienti da sette Stati a maggioranza islamica 'colpevoli' non di jihadismo, ma discriminati solo e soltanto di professare la fede musulmana. In queste prime settimane di potere di Donald J. Trump abbiamo dovuto registrare scelte buone e cattive, con un andamento obiettivamente altalenante e contraddittorio, ma soprattutto all’insegna di una preoccupante aggressività nei confronti degli stranieri, soprattutto se poveri. È questo che allarma, così come l’attacco sistematico al multilateralismo e il rilancio di relazioni internazionali basate sul bilateralismo, interpretato come dialogo (di potenza, per chi ce l’ha) uno a uno. Lei, però, vede bene un punto chiave: Trump non è un usurpatore. Anch’io, certo, l’avevo giudicato un candidato «impresentabile» a causa di gran parte del suo programma, e non ho cambiato idea. Ma la realtà, che è superiore a qualunque idea, attesta che l’«impresentabile» ha vinto le primarie repubblicane e la battaglia elettorale con Hillary Clinton. Trump non è, dunque, arrivato alla Casa Bianca per una congiura o per caso, ma perché ha alle spalle mezza America del Nord, meglio distribuita negli Stati federati e perciò vincente secondo il sistema elettorale di quel grande Paese sull’altra metà che aveva comunque preferito la sua antagonista democratica. Una signora che personalmente avevo definito «invotabile», a causa della sue scelte negli anni da segretario di Stato e delle sue alleanze di potere e di interesse. Pensavo e penso, per quel che vale, che i cittadini statunitensi hanno dovuto scegliere tra la peggiore coppia di aspiranti presidenti degli ultimi cent’anni. E se Trump dovesse continuare a interpretare il suo mandato all’insegna di un umanesimo negativo e repulsivo, ci sarebbe solo da concludere che è proprio l’uomo sbagliato al posto sbagliato. E questo qualunque «favore della società americana» egli possa raccogliere e sbandierare. Ma ho stima, gentile amico lettore, nella capacità della maggioranza dell’opinione pubblica d’Oltreoceano di frenare e correggere gli aspetti più duri e amari del fondamentalismo neo-protezionista di 'The Donald' e confido che il presidente Usa, per amore o per interesse, si dimostri capace di tenerne conto. Il fatto che proprio ieri – e su 'Avvenire' di oggi ne diamo conto con documentazione inoppugnabile – la Casa Bianca abbia 'archiviato' il progetto di schierare in forza la Guardia Nazionale contro gli inermi migranti latinos è un segnale tutto sommato positivo. Spero di non essere smentito anche stavolta. Lo spero per l’America (del nord e del sud) e per il mondo.

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