Obbligo vaccinale? Meglio la convinzione. E giù dalla tigre dell'irresponsabilità
sabato 24 luglio 2021

Gentile direttore,
continuo a sentire alcuni politici , sindacalisti e giornalisti che affermano di essere favorevoli alla vaccinazione, ma di essere contrari all’obbligo di vaccinarsi. Se io dicessi di essere favorevole all’introduzione di nuove tasse, ma di essere contrario all’obbligo di pagarle mi direbbero che sono un cretino . Dove sbaglio?
Norberto Ferretti

Caro direttore,
perché è così difficile da capire che ci si vaccina non solo per sé stessi, ma anche per gli altri? Il vaccino serve a spezzare la catena dei contagi e a impedire che una diffusione incontrollata del virus possa portare a nuove mutazioni con insorgenza di varianti ancora più pericolose e letali. Alla base del rifiuto di vaccinarsi non c’è alcuna logica, solo emotività, isteria, psicosi collettiva e paranoia cavalcata e manipolata per finalità personali o politiche. Vaccinarsi è un dovere civico e un atto di responsabilità e di amore per il prossimo, perfino verso i no-vax: per quanto contrari al vaccino, essi stessi beneficiano e beneficeranno del fatto che il 50% degli italiani si sono già vaccinati. È il virus ciò che sta minando la nostra libertà, non certo chi cerca di combatterlo con ogni mezzo. Non c’è libertà senza responsabilità, come anche lei direttore ha ricordato più volte. Per cui ha fatto bene il premier Draghi a chiarire che «l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire o a far morire. Parole insolitamente dure e nette, ma doverose in un Paese dove troppa gente e qualche sciacallo parlano a vanvera! Vaccinarsi è un dovere civico, un gesto di responsabilità e - insieme alle misure di distanziamento fisico e di protezione personale e collettiva - è l’unica strada per far finire questa maledetta pandemia.
Luca Salvi

La penso come voi, cari amici. E penso sia giusto ripeterlo ancora una volta. La libertà di cura, di ricevere (o meno) cure, è un diritto. E infatti la Costituzione all’articolo 32 lo tutela. Ma la responsabilità verso la comunità di cui si è parte, soprattutto in gravi frangenti sanitari come l’attuale e al pari della prevenzione di altre insidiose malattie infettive (penso alle vaccinazioni infantili, e non solo) è un sacrosanto dovere. Ed è un principio cardine dell’ordinamento della nostra democratica Repubblica e dell’Unione Europea. Lo stesso articolo 32 prevede che la legge possa comunque disporre «un determinato trattamento sanitario». L’insuperabile (e incontestabile) limite a questo potere è il «rispetto della persona umana».
Sono felice e orgoglioso di tale chiarezza. E penso che questo dovere comune e comunitario simmetrico al saldo e ragionevole diritto individuale, debba essere sentito, riaffermato e fatto valere. Non si è cittadini solo per i diritti che si hanno e si possono vantare, ma anche per gli «inderogabili doveri di solidarietà» (articolo 2 e molti altri) che si onorano. Ma al di là delle statuizioni di legge e dei princìpi costituzionali, certamente per tantissimi di noi illuminati dalla fede cristiana e dalla dottrina sociale cattolica, è la storia stessa dell’umanità che continua a dimostrarci come si sia pienamente uomini e donne, capaci di lasciare un segno buono e giusto nel tempo che ci è dato di vivere, soltanto se non si pensa soltanto a se stessi, se si coltiva la sana arte del dubbio senza farsi paralizzare dal sospetto e dal sofismo, se non ci si rinchiude – magari nel nome di una orgogliosa libertà – in una sostanziale e persino aggressiva autoreferenzialità.
Ecco perché, allo stato delle cose e della lotta contro il Covid, sono favorevole, oltre all’esercizio delle precauzioni che abbiamo imparato a conoscere e a usare con frequenza (mascherina, distanza fisica, pulizia delle mani), alla vaccinazione di chi svolge e frequenta – e intende continuare a farlo – servizi ed esercizi pubblici così come sono favorevole all’accesso a spazi comuni (chiusi o circoscritti) di coloro che possono esibire le famose certificazioni (vaccinazione, tampone attuale e negativo) che generano il "Green pass europeo". Giusto richiederlo per entrare in locali pubblici, ma giusto anche prevedere tutte queste regole anche per l’utilizzo dei mezzi di trasporto collettivi. Mi è capitato, pochi giorni fa, di viaggiare in treno con un signore che non voleva indossare la mascherina, giustificandosi col fatto di "essere vaccinato". Alle rimostranze mie e degli altri presenti (quasi tutti vaccinati, e tutti mascherati), e prima che intervenissero i controllori, si è però adeguato. In questo piccolo fatto mi ha colpito soprattutto che molti "dal basso" si stiano già regolando e auto-regolando così. Responsabilmente. Per convinzione e non per obbligo. E io vorrei che fosse questa la via. Vorrei cioè che un obbligo vaccinale imposto solo quando è assolutamente indispensabile, come nel caso del personale sanitario e nel mondo della scuola. E conto che noi italiani sapremo essere all’altezza della prova, contribuendo ognuno nel suo piccolo a diradare le nebbie di certi cinici slogan di partito e il polverone alzato dalle bufale anti-vaccini.
Tornando a girare un po’ l’Italia, in questo luglio 2021, ho visto del resto che non pochi gestori di locali pubblici sono molto attenti ed esigenti per "garantire" i clienti e il proprio lavoro. La richiesta del Green pass è costante, e in qualche albergo si sollecita anche l’attestato di un tampone effettuato nelle ultime 48 ore. Questo sentimento, questa preoccupazione e questa fedeltà vanno sostenute. Io penso che siano segnali importanti. Come le prenotazioni di massa in questi ultimi giorni per poter ottenere il Green pass infinitamente più "civiche" delle proteste dei no-pass. E poco importa che ci si sia convinti per forza o per amore. Basta che si faccia in tanti il proprio dovere. Spero che tutti i politici sappiano tenerne conto. Nessuno può illudersi di cavalcare impunemente la tigre dell’irresponsabilità che sbrana sempre anche i suoi "fantini".


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