Rivalorizzate, rivalorizzate: qualcosa di buono ne verrà
sabato 23 gennaio 2021

La parola chiave è: "rivalorizzazione". Che non ha la durezza della rettifica e men che mai l’asprezza dell’errore. È un termine che spiega anche se non chiarisce, che in qualche modo conferma pur non ammettendo affatto.

La trincea di difesa della Regione Lombardia è semantica prima ancora che scientifica, anche se i vertici lombardi intendono tenere il punto fino alla fine e si dicono pronti ad adire i tribunali. A svelarlo sono le parole stesse dell’assessore al Welfare Letizia Moratti: «Nessuna rettifica, a seguito di un approfondimento relativo all’algoritmo dell’Iss, condiviso con lo stesso, abbiamo inviato la rivalorizzazione di dati richiesta che ci auguriamo porti alla revisione dell’assegnazione di "zona rossa"», ha detto in un’intervista a "Repubblica", prima di tenere, ieri sera, un’indignata e accorata conferenza stampa con il presidente Attilio Fontana.

Perché, insomma, sì, i dati inviati dalla Lombardia «non erano sbagliati», viene ribadito con forza. Ma si può dire che fossero quantomeno incompleti. Semplificando: dai tecnici della Regione non veniva sempre compilato il campo «opzionale» relativo ai sintomi dei positivi. Ciò, si è scoperto, determinava poi la mancata cancellazione degli asintomatici e paucisintomatici una volta guariti e, quindi, una sovrastima dei contagiati.

Un difetto dell’algoritmo? Forse, in parte. È certo, però, che se i dati non vengono comunicati – tutti – in maniera completa anche il più efficace degli algoritmi non può effettuare valutazioni esatte. E, con esso, a cascata la cabina di regia in cui siedono anche i rappresentanti delle Regioni, l’Istituto superiore di sanità e i vari soggetti coinvolti fino al ministro della Salute che assume le decisioni finali relative alla classificazione delle zone.

Ce n’è abbastanza perché l’accusa di «sequestro di persona di 10 milioni di cittadini lombardi» – lanciata venerdì da Matteo Salvini al governo – finisca per ritorcersi almeno in parte contro la stessa Regione a guida leghista. E chissà che ciò non porti anche il leader della Lega a "rivalorizzare", per così dire, le sue parole soppesandole meglio.

Quantomeno per rispetto di quelle migliaia di imprenditori che, a causa dell’assegnazione in "zona rossa", non hanno potuto aprire i loro negozi, non hanno lavorato e hanno perso, stimano, altri 100 milioni di euro di fatturato. Questione fondamentale per la quale il governatore Fontana respinge a muso duro tutti gli addebiti e il ministro della Salute Roberto Speranza, invece, li ribadisce.

Al di là dell’assegnazione delle responsabilità, però, la vicenda evidenzia nuovamente tre atteggiamenti sbagliati che sarebbe opportuno correggere una volta per tutte.

Il primo è quello di considerare, da parte degli enti locali, l’assegnazione in "zona gialla" o "arancione" o "rossa" come fosse una promozione o una bocciatura, un premio o un castigo. Un errore: perché non si tratta di valutazioni di merito delle azioni di contrasto alla pandemia, ma di rischio per la popolazione del territorio stesso. E le conseguenti imposizioni di limitazioni sono da considerare simili a terapie, non a mosse politiche.

Il secondo sbaglio, collegato al primo, è relativo all’insorgere di contrasti istituzionali in presenza di interpretazioni diverse dei dati epidemiologici. Come dimostra proprio quest’ultimo episodio, prima di gridare allo scandalo, lanciarsi accuse reciproche e sollevare conflitti di competenza o di merito davanti ai Tribunali amministrativi, è sempre bene prima ricontrollare 100 volte i dati per verificare che non ci siano errori materiali (che possono sempre capitare). E, meglio ancora, confrontarsi con i vari livelli tecnici coinvolti. Che i rapporti fra enti locali e governo centrale, tra tutte le diverse amministrazioni, debbano essere improntati innanzitutto a leale collaborazione dovrebbe essere scontato. Ma evidentemente non lo è sempre e alla responsabilità verso i cittadini talvolta vengono anteposti l’interesse politico e la logica amico/nemico che in una pandemia suonano ancora più stridenti e insopportabili.

Il terzo errore, infine, è quello della mancata trasparenza e condivisione di dati, procedure e algoritmi che abbiamo già sollevato nei mesi scorsi. Se Regioni e amministrazione centrale rendessero disponibili machine readable (direttamente elaborabili) tutti i dati epidemiologici, gli errori materiali emergerebbero più facilmente e la situazione sarebbe meglio monitorata. Soprattutto, diversi studiosi potrebbero applicarsi per concorrere a individuare le strategie migliori di risposta alla crisi sanitaria. Che se una cosa ci ha insegnato è che se ne esce solo con il contributo di tutti, ognuno per la propria competenza e responsabilità messe a fattor comune. In questo sì, c’è davvero un gran bisogno di "rivalorizzazione".

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