Confrontarsi sull'aborto. Serve uno sguardo nuovo
venerdì 15 ottobre 2021

E se l’aborto da terreno di battaglia diventasse luogo di incontro? Difficile persino immaginarlo, ma ci sono temi endemicamente divisivi che, guardati da un’angolatura mai sperimentata, possono rivelare inattese occasioni di riconoscimento reciproco. È vero: oggi chi lo considera la conquista intangibile di una società aperta non contempla che sia un punto di contatto con quanti vi scorgono lo spegnimento di una vita umana inerme. E viceversa. Ma proviamo a pensare per un attimo a un’isola ancora non contaminata da polemiche insanabili. Intendiamoci bene: non si tratta di negoziare al ribasso. Ma forse è il momento di osare qualcosa di più ambizioso. E proprio dove sembra che siamo destinati a non intenderci all’infinito. Lo facciamo all’indomani del discorso nel quale il Papa ha ribadito a un’associazione professionale – e non confessionale – come la Società italiana di farmacia ospedaliera, parlando di aborto, che «si tratta di un omicidio e non è lecito diventarne complici», rimettendo in chiaro una certezza che è anche della Chiesa: nel grembo materno c’è un essere umano che al pari di ciascuno di noi ha il diritto innato alla vita. Di qui la necessità dell’obiezione di coscienza, «che non è infedeltà, ma al contrario fedeltà alla vostra professione, se validamente motivata».

È la terza volta in un mese e mezzo che il Pontefice parla di aborto e usa espressioni così nette, che rimandano a una partecipazione sofferta a quella che considera una piaga del nostro tempo. Le sue insistite affermazioni sembrerebbero chiudere tutte le porte a chi nell’aborto non vede altro che una forma di libertà. Quasi fossimo condannati a non incontrarci mai, e forse neppure più ad ascoltarci. Ma non è così.

Al Papa costruttore appassionato di ponti e sgretolatore seriale di muri in una società già fin troppo spartita tra feudi asserragliati non interessa certo fortificare le posizioni sbarrando ogni accesso a un mondo che su questi e altri temi etici sembra andare per i fatti suoi. Perché sappiamo che alle idee Francesco antepone la vita delle persone: è in quella che si incarna l’antropologia cristiana, allergica a teoremi astratti e giudizi scolpiti a prescindere dalla realtà. Il suo concetto che ribalta il gioco delle contrapposizioni 'per definizione' è il legame tra un problema apparentemente insuperabile e la sua vera soluzione. Ed è qui che il Papa attende chi accetta un confronto rispettoso, onesto, sulla vita reale, dentro una faglia tellurica come l’interruzione di gravidanza.

Il ragionamento nell’udienza di giovedì è esemplare del suo metodo, che è quello della Chiesa e di tanto, generoso volontariato cattolico per la vita, troppo spesso incompreso e per questo svillaneggiato o rimosso. È evidente a tutti che la scelta su una gravidanza da proseguire o interrompere per motivi economici, le incertezze del futuro, il carico già eccessivo sulla madre o la coppia, pone un problema: il bambino che si scopre di 'aspettare' (espressione nella quale c’è tutta la nostra invincibile umanità) diventa lui stesso il problema da risolvere. È come una mano aperta in cerca di chi la afferri, di una soluzione all’altezza del contenuto della scelta. Che non è un oggetto, o un lavoro, ma una vita. Riconoscere la realtà che c’è a metà strada tra il punto di domanda e la risposta – un bambino, e sua madre – è la premessa per trovare una soluzione giusta e condivisa. Ed è proprio l’importanza senza confronti dei protagonisti di quella scelta che rende il problema un fatto rilevante per tutta la società. Una decisione personale alla quale guarda con comprensione, interesse, partecipazione, affetto e non certo indifferenza una comunità intera, capace per questo di offrire le proprie spalle collettive per caricarsi la vita della mamma e quella del bambino. Non sarebbe, una società simile, il posto nel quale vorrebbero tutti abitare, sapendo di poter contare sugli altri quando c’è un problema – un qualunque problema: pensiamo solo ai percorsi di fine vita – che si spalanca sotto la propria esistenza? Dicendo un fermo no all’aborto, il Papa invita a farsi vicini alle donne: perché l’aborto «in realtà non è la soluzione». E perché tutti abbiamo bisogno di quelle mani che afferrano la nostra.

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