martedì 21 giugno 2022
Dopo due anni con la Dad, nella maturità al via domani i primi esiti di un’evoluzione necessaria ma incompiuta
Uno studente in Dad

Uno studente in Dad - Ansa

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Esami di maturità 2022, la prima prova è il domani, e ai banchi si siederanno gli studenti che negli ultimi due anni hanno sperimentato sulla propria pelle l’emergenza di una didattica a distanza per lo più in ritardo, improvvisata e disorganizzata, che ha visto diminuire l’attenzione generale (di insegnanti e famiglie) per i risultati e per il rendimento scolastico, con un conseguente calo dell’apprendimento, spesso minimo o inadeguato, accentuato dall’annullamento della bocciatura nel 2020 e dalla linea morbida adottata nei mesi successivi. Siamo sicuri di averli protetti o li stiamo ponendo di fronte a un’altra crisi, quella del proprio futuro, per cui non sono stati preparati e per cui non hanno ricevuto gli strumenti adeguati per progettarlo?


La pandemia ha dimostrato quanto sia ormai indispensabile
un connubio equo e intelligente
tra tecnologia e istruzione
Con idee chiare per spendere
le risorse che servono per la svolta

È chiaro ai più che il sistema scolastico italiano all’inizio dell’emergenza sanitaria era impreparato e necessitava da tempo di una spinta all’innovazione, una trasformazione culturale verso la formazione di qualità che non può prescindere nell’epoca contemporanea dal digitale. In questi due anni, per rispondere alla crisi, sono state lanciate le basi di questa conversione in tutta fretta, non solo per la didattica a distanza, attraverso strumenti di cultura digitale che devono però essere necessariamente integrati e allargati a una platea più ampia, per non farci trovare inadeguati nell’immediato futuro.

Si è radicato inoltre un cambiamento nel modo di pensare così come in quello di studiare, e si parla oggi nel mondo dell’istruzione di un nuovo metodo che deve essere interdisciplinare, privilegiando un aspetto, un problema, un tema in ambito di contenuti e di un contesto, in cui le materie si rendono complementari per poter interagire tra di loro. In questa metamorfosi culturale è la tecnologia che deve essere al servizio di un pensiero, di una riflessione, di una ricerca, non viceversa. Tecnologia e istruzione si possono e si devono dunque intrecciare, ma con risultati migliori degli attuali.

Dal marzo 2020 il passaggio all’elearning è stato irregolare e molti sono stati gli studenti che si sono trovati in difficoltà, bloccati dalla mancanza di accesso alla tecnologia o alle competenze. La didattica a distanza, collaudata in due anni di pandemia, sarà uno strumento che verrà attuato in caso di nuova emergenza ma, perché sia valido ed efficiente, bisogna ampliarlo e farlo diventare a portata di tutti, trovando soluzioni ai problemi di digital divide territoriale, sociale e culturale emersi in questo periodo e diversi per regione, istituto, famiglia e singoli allievi e docenti. Una delle sfide che segneranno il nostro immediato futuro sarà proprio ridurre la forbice in tema di accesso alle tecnologie.


Il fenomeno di chi dal 2020
ha abbandonato gli studi
anche per le difficoltà di accesso
agli strumenti informatici
impone anzitutto di chiudere
questo «digital divide» sociale e culturale
Decisive per recuperare il ritardo
del nostro Paese sono una formazione adeguata
degli insegnanti e il coinvolgimento delle famiglie


Secondo dati Istat, sono oltre 500mila i ragazzi che hanno lasciato gli studi nel periodo della pandemia. Assieme a una situazione generale di emergenza (e alla poca fiducia in una veloce risoluzione della stessa), complice di questo ritiro è stato il difficile accesso agli strumenti di cultura digitale che molti stu- denti si sono trovati ad affrontare. Se la formazione online diventa un pilastro dell’istruzione, necessario è prestare maggiore attenzione al modo in cui la tecnologia e l’apprendimento possono essere integrati in maniera efficace, compreso il ruolo vitale degli insegnanti e le competenze di cui gli studenti hanno bisogno.

Nel 2022 e ancor più nei prossimi anni gli investimenti per la cultura digitale diventeranno fondamentali, anche in vista del raggiungimento del quarto obiettivo dell’Agenda 2030 – Istruzione e qualità – per cui si richiede l’impegno al raggiungimento di un’educazione di qualità a tutti i livelli consentendo accesso e opportunità di apprendimento specialmente a coloro che si trovano in situazioni delicate, attraverso l’acquisizione di strumenti e conoscenze necessarie per partecipare pienamente alla vita sociale, assicurando a bambini e giovani un ambiente stimolante per la piena realizzazione dei loro diritti e la messa in pratica delle loro capacità. Tutto questo non è possibile se non sono presenti da subito comprensione e disponibilità alla formazione, in particolare dei docenti, che ricoprono il ruolo di guida e supporto nel percorso degli studenti. Come facciamo a convincere gli insegnanti che loro, formatori, hanno bisogno di formazione? Una spinta può nascere dal fatto di renderla personalizzata e remunerata, oltreché premiare gli insegnanti specialmente meritevoli, migliorando le loro condizioni nella gestione della vita privata e della sfera familiare.

La formazione è però da fornire anche alle famiglie, perché riescano a coinvolgere e sostenere i propri figli nel perseguimento del nuovo metodo, creando una cerniera che sappia sancire il patto dall’alleanza scuola-famiglia, indispensabile a un avvicinamento alla cultura digitale sin dalla scuola primaria, per non lasciare soli e abbandonati a se stessi i cittadini del futuro. Cruciale è anche migliorare il sostegno nell’assistenza ai bisognosi, includendo anche gli assistenti educativo-culturali nel processo di sviluppo e formazione a distanza.

La pandemia ci ha lasciato un grande bagaglio di esperienze ma tra i primi insegnamenti appresi c’è quello che la nostra vita, da un momento all’altro, può essere sconvolta e avere bisogno di un aggiornamento rapido e funzionale. I l mercato del lavoro è mutato rispetto al passato – è quanto ci riportano gli scenari realistici sull’occupazione – e si richiedono nuove competenze tecnico-pratiche che i tradizionali organi pedagogicoformativi, scuola e università prima di tutti, stentano a supportare in vista di un sistema sempre più virtuale e legato a innovazioni tecnologiche e di comunicazione. Negli ultimi decenni nella scuola italiana gli investimenti sono stati notevolmente inferiori a tutti i Paesi avanzati. Un ulteriore dato critico è l’elevata età media degli insegnanti, che secondo i dati Ocse è la più elevata d’Europa, con il 59% che ha più di 50 anni. L’emergenza dell’istruzione non è solo legata però a soldi da investire ma alla capacità di incanalare le risorse nei settori e territori giusti e di incrociare adeguatamente la domanda con l’offerta di lavoro. L’Italia ha un gravissimo gap da recuperare in termini di occupazione e formazione giovanile. Ma la domanda è: sarà sufficiente il Pnrr per colmarlo?

Basta decantare il passato, puntiamo su una solidità del divenire, cogliendo le possibilità di cambiamento tecnologico che l’emergenza sanitaria ci ha posto di fronte per rispondere alla crisi. Una nuova visione ed evoluzione del sistema didattico che deve partire in tempi rapidi e con l’impegno di tutti, Stato e grandi aziende. Fondamentale consegnare ai giovani gli strumenti per progettare il proprio futuro. Il nostro futuro. Un impegno sociale da sottoscrivere per le nuove generazioni, provate negli ultimi anni dalla pandemia e da troppo tempo da una didattica ancorata al passato piuttosto che rivolta al futuro.

Prorettore vicario, docente presso l’Università eCampus

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