venerdì 27 settembre 2019
Un lettore fa molte domande riassumibili in una: almeno i rifugiati possono riuscire a sormontare l’iter burocratico per chiedere asilo prima di partire?
C'è una via per rendere regolari e controllati i flussi migratori

ANSA

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Gentile direttore, le scrivo a proposito dell’editoriale del professor Maurizio Ambrosini intitolato «Il mondo dei “trafficanti” e l’antidoto all’illegalità» (“Avvenire”, 11 settembre 2019) e riporto il seguente passaggio: «Dietro a esso sta però una grande ipocrisia: se il traffico esiste, lo si deve alla mancanza di canali legali per raggiungere l’Europa (e altre terre) in cerca di asilo o di un lavoro. Se non c’è modo di arrivare con mezzi legali, anche chi ha titolo per ricevere protezione internazionale deve ricorrere a mezzi illegali». È già un po’ che mi chiedo: perché i migranti non si presentano alle Ambasciate e ai Consolati? Non ce n’è abbastanza in giro per il mondo? Oppure l’iter burocratico è “insormontabile” anche per chi avrebbe diritto allo status di rifugiato? O cos’altro?

Matteo Pesce

Quello che lei suggerisce, gentile signor Pesce, sarebbe l’uovo di Colombo. Purtroppo non è possibile per diverse ragioni. Le sue domande sono preziose e consentono di ricostruire una cornice complicata, a differenza delle semplificazioni cui la violenta propaganda xenofoba ci ha abituato su media e social. Primo dato: piaccia o no, oggi i flussi migratori sono sempre più misti, ovvero composti da persone che fuggono sia da persecuzioni politico-religiose che da fame e carestie provocate da mutamenti climatici e da conflitti a bassa intensità, ovvero guerre non dichiarate, ma egualmente letali. Quindi distinguere rifugiati e migranti economici diventa sempre più difficile. Partiamo dai richiedenti asilo e potenziali rifugiati, perché si sottopongono a odissee spesso mortali sulle rotte disegnate da trafficanti spesso spietati per giungere fino all’Italia o all’Europa. Per la normativa internazionale chi vuole chiedere asilo deve recarsi in territorio a esempio italiano, ma le compagnie aeree non vendono i biglietti a chi non ha il visto né i Paesi di origine dei flussi lasciano uscire liberamente i cittadini. La libertà di movimento è infatti limitata per le popolazioni dei Paesi più poveri. Scorrendo sulla rete il passport index ( https://www.passportindex. org) con la classifica delle nazionalità per facilità di accesso ai visti si scopre che agli ultimi posti, cioè le nazionalità con meno libertà di movimento nel globo, troviamo proprio i Paesi del Sahel e del Corno d’Africa o l’Afghanistan. Proprio le terre d’origine di molte delle persone che cercano disperatamente di entrare in Europa. Entrare per chiedere asilo nelle ambasciate italiane nei Paesi di origine dei flussi migratori (che non sono poche) non è possibile se non a pochissime figure e personalità. Anzitutto, l’iter burocratico per la richiesta di asilo è lungo, richiede anni e il personale diplomatico non può effettuare le ricerche e gli accertamenti necessari né ha il potere di concedere lo status di rifugiato, che in Italia viene rilasciato da una apposita commissione. Il migrante che vorrebbe chiedere asilo in una Ambasciata italiana dovrebbe comunque lasciare il proprio Paese per giungere nel Belpaese, ma solo limitatamente al perimetro della rappresentanza diplomatica. Ai migranti l’Italia, in virtù dell’appartenenza all’area del trattato di Schengen, può concede i visti per queste ragioni specifiche: adozione, affari, cure mediche, motivi diplomatici, gare sportive, inviti, lavoro autonomo, lavoro subordinato, missione, motivi familiari, motivi religiosi, reingresso, residenza elettiva, ricerca, studio, transito aeroportuale, transito, trasporto, turismo, vacanze-lavoro, volontariato. Ma con la soppressione dei flussi di ingresso per lavoratori, si entra in Italia ormai solo per ricongiungimento famigliare. Tutti gli altri ci provano con ogni mezzo, arricchendo i trafficanti, che li taglieggiano più e più volte grazie anche – come abbiamo visto in questi anni – ai respingimenti ciechi in mare. Quindi, oltre ai “corridoi umanitari”, cui recentemente l’Acnur ha concesso il prestigioso premio Nansen, per perseguitati e oppressi più vulnerabili, e in collegamento con essi, occorre una nuova normativa sull’immigrazione che regolamenti gli ingressi (temporanei e no) in base alle reali necessità dei settori produttivi del nostro Paese. Mentre resta da risolvere il problema dell’accesso all’Europa, patria dei diritti, di chi intende chiedere asilo e ne ha titolo. “Avvenire” per regolare seriamente, e dunque per “de-clandestinizzare”, la mobilità umana forzata dei richiedenti asilo propone da anni l’apertura nel Vicino Oriente e in Africa, ma anche in America Latina, di “sportelli Ue” in collaborazione con le organizzazioni dell’Onu. Anche a nome del direttore che mi ha chiesto di risponderle, la saluto cordialmente.

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