giovedì 21 luglio 2022
Al Bano ogni anno fa tappa nella cittadina galiziana meta di pellegrinaggi. «Lì trovo una dimensione spirituale unica. A Cellino San Marco ho dato un tetto a profughi ucraini»
Al Bano Carrisi: il suo luogo del cuore è Santiago de Compostela, in Spagna

Al Bano Carrisi: il suo luogo del cuore è Santiago de Compostela, in Spagna - .

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«Di posti ne ho visti tanti in vita mia, ma davvero tanti, tanti, tanti. Ma il mio luogo del cuore è Santiago di Compostela ». Non ha esitazioni, è immediato e deciso Al Bano quando gli si chiede quale sia per lui quel posto dell’anima di cui si ha nostalgia e in cui spesso si vorrebbe essere per ritrovare se stessi. Al Bano è una delle star italiane più richieste, e tutto il mondo lui ha girato, in coppia con Romina o da solista, a partire dagli anni 60. Oggi, questo 79enne dall’energia sorprendente continua a tenere concerti in ogni dove. «Ho coperto il 90 per cento del mondo. Mi mancano la Mongolia e alcuni Paesi nordici: non ci vado perché non sopporto freddo», ci spiega con un sorriso e un brivido al solo pensiero.

Al Bano è uomo fiero delle sue origini contadine e noi siamo abituati a pensarlo sempre “nel sole”, abbinandolo agli ulivi della sua amata Puglia. Della sua terra porta in sé la fierezza, e anche una riservatezza nell’esporre i suoi più intimi sentimenti. Eppure Al Bano Carrisi decide di svelare ad “Avvenire” alcuni dei suoi ricordi più intimi ed è capace di sorprendere con una confidenza inaspettata. Rivelandoci che di tutti i luoghi mai visitati, l’attrazione speciale, quella calamita che attira i pensieri e le nostalgie, punta verso la Spagna e verso uno dei luoghi più sacri della cristianità. «Santiago di Compostela è sempre un luogo fantastico, una volta all’anno ci ritorno, sia che vi debba tenere un concerto o no – ci racconta –. È il mio luogo del’anima, ci sono vibrazioni che avverti anche solo camminando ». Un rimpianto è quello di non essere ancora riuscito a compiere il “cammino” di Santiago a piedi, quello percorso sin dal IX secolo da milioni di pellegrini: «Io purtroppo il “cammino” sino ad ora l’ho fatto solo in auto, per mancanza di tempo. Ma mai dire mai».

Per Al Bano, uomo dalla fede dichiarata e schietta, l’incontro con il santuario in cui sono venerate le spoglie dell’apostolo Giacomo, avviene molto indietro nel tempo. «L’ho scoperto 45 anni fa, e non cambia mai. Ci sono arrivato per cantare, ogni anno mi invita a Santiago la tv Television de Galicia, detta La Gallega, verso novembredicembre. Ma io comunque poi ci tor- no sempre anche per conto mio. Non vedo l’ora di andarci, e ogni volta è sempre la stessa emozione». E mentre ci racconta la sua esperienza, la voce si fa più sognante e sorridente, l’entusiasmo traspare in ogni sillaba. Ma quali sono le sensazioni che prova quando si trova di fronte alla ricchissima facciata barocca della cattedrale o nelle strade della città piene di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo? «sentire i piace girare per le strade, l’odore che cambia – ci spiega l’artista –. Incontro la gente, ho un grande rispetto per la coreografia umana che mi attornia, eppure riesco ad isolarmi. Quella cittadina è una specie di “coquille St Jacques” dove dentro, alla fine, ci sono io». Nella conchiglia del pellegrino Al Bano riesce a trovare quella pace agognata da chi conduce la vita impegnativa dell’artista, ma anche da chi, come lui, ha passato momenti difficili e dolorosi sempre sotto l’occhio dei riflettori. Preghiera, riflessione, semplice girovagare fra le strade della storica cittadina, lo fanno sentire semplicemente se stesso. «C’è santità nell’aria a Santiago di Compostela – aggiunge –. Evidentemente in me vincono quelle spirali di santità che si incontrano camminando nelle sue strade. Niente cambia, tutto è uguale, una specie di presepe vivente. C’è un mercato che è fantastico e lì parlo con tutti. Più che parlare, le loro frasi sembrano delle canzoni galleghe».

La Galizia, poi, gli è restata nel cuore anche come territorio. «Un altro posto da sogno sono le Isole Cies, di fronte alla costa della Galizia. La prima volta che ci andai il cielo aveva raggi di sole speciali, e ogni tanto comparivano delle nuvole, e poi riflessi indimenticabili sul mare – aggiunge sognante –. Ricordo che c’era un piccolo cimitero, con un solo morto e un pescatore di sardine, Antonito, con cui strinsi amicizia, insieme a qualche gruppo di studenti che mi offrivano “agua ardiente”, una specie di grappa. Mi è rimasto nel cuore, un sogno. Ma mi han- no detto che hanno costruito e non ci voglio andare più».

Ci sono anche altri luoghi cari all’Al Bano cantante, in cui non può più andare, come il Teatro di Mariupol in Ucraina. «A Mariupol ho cantato, e quando ho visto come hanno ridotto quel teatro sono rimasto senza parole, alla bestialità umana non c’è limite. Io ho cantato anche a Donetsk, nel Donbass, erano posti fantastici...». Il cantante non ha esitato nel momento del bisogno ad aprire le braccia e le porte della sua splendida tenuta di Cellino San Marco, in Puglia, ai profughi ucraini. «Ho ospitato quattro ucraini, uno è partito per gli Stati Uniti, tre sono ancora ospiti – racconta facendosi serio –. Sono immagini difficili da dimenticare. Una signora appena è entrata in casa e mi ha visto si è emozionata perché non sapeva chi la ospitasse: «Ma sei Al Bano? Quello vero?», mi ha detto. E io guardavo il suo bambino: aveva due occhi come gli avessero dato due pugni dalla stanchezza. Non lo dimenticherò mai. Il sacrificio di queste donne, cosa non hanno vissuto...».

Cellino San Marco, fra la pace dei suoi ulivi, dei vigneti e delle pietre bianche della masseria è da sempre la “casa” di Al Bano, il luogo delle origini a cui tornare dopo ogni viaggio. Potrebbe diventare il luogo del cuore di questi profughi? «Io me lo auguro davvero, che Cellino sia il luogo delle cure e del cuore, dell’evasione da una guerra, della rinascita. E che in futuro queste persone lo ricordino così». Intanto un altro luogo simbolico attende il cantante, quello più amato e desiderato dai musicisti di tutto il mondo. «Sto preparando un grande progetto per i miei 80 anni il 20 maggio dell’anno prossimo all’Arena di Verona – ci svela –. Non mi è mancato niente della vita: gli anni della prostata, l’infarto, il cancro, l’ischemia, l’edema alle corde vocali. Un giorno mi sono rivolto a Dio e gli ho detto “Amico mio, che ti ho fatto di male?” Ho guardato in su, e da quel momento non mi è successo più niente».

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