giovedì 18 agosto 2016
Fermiamoli, Aleppo viene ancora uccisa
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Si discute in Europa di sicurezza e immigrati. O di economia. Dall’altra parte del Mediterraneo, la Siria è a fuoco da cinque anni e la sua città più emblematica, Aleppo, sta morendo in un assedio spietato. Alcuni di noi, dal 2014, hanno posto la questione all’opinione pubblica internazionale con l’appello, Save Aleppo, che ha avuto molte adesioni: salvarla, con la tregua, facendone una “città aperta”.Ma quanto conta l’opinione pubblica? Soprattutto non contano i lamenti e le grida di sofferenti, bambini, malati, fragili. Voci flebili di chi non ha cibo, acqua, medicinali, medici. Voci di gente, che ha saputo adattarsi a tutto: riaprire gli antichi pozzi, coltivare ovunque, vivere tra le rovine, aspettare. Due milioni di abitanti e più. Solo dal primo agosto sono stati identificati 106 morti. Dall’inizio dell’assedio, se ne calcolano ufficialmente 28.894 (in realtà di più). Le immagini di Aleppo, trasmesse al mondo, mostrano una città-fantasma, con strade piene di macerie e scheletri di palazzi. Dovunque si è visto questo, ma non si è fatto niente. Aleppo è la Sarajevo del XXI secolo. Sarajevo fu assediata per quattro anni: dall’aprile 1992 al febbraio 1996. Ci furono 12.000 morti. Allora si vide la crudeltà dei combattenti unita all’impotenza dell’Onu e della comunità internazionale.Aleppo è divisa dal 2012: l’Ovest (dove abitano i cristiani) è controllato dal regime di Assad, l’Est dalla ribellione. Oggi i combattenti di al-Nusra si sono distaccati da al-Qaeda e formano un fronte con i salafiti e altri gruppi con l’appoggio di Arabia Saudita, Qatar, Turchia. La parte Ovest è stata legata da una via alla Siria governativa. A volte torna isolata, mentre temibili missili cadono sulle case, distruggendo tutto. L’antico suk è un cumulo di rovine. Così la stupenda cattedrale armena. Gli elicotteri governativi, per la loro parte, scaricano terribili barili-bomba sull’Est, progressivamente isolato dalla recente offensiva di siriani, iraniani e hezbollah, appoggiati da aerei russi. Poi c’è stata la ripresa dei ribelli. Alterne vicende di due assedi contemporanei che tengono in ostaggio, dal 2012, una comunità che viveva insieme da sempre: musulmani di varie tradizioni, cristiani (armeni, siriaci, ortodossi, cattolici…). Una danza macabra di siriani, islamisti, potenze regionali, grandi potenze che continua sulla testa della città-simbolo del vivere insieme.Sì, questo era Aleppo. Fino a qualche decennio fa c’erano anche gli ebrei: ne parla Miro Silvera nel suo Prigioniero di Aleppo, romanzo di memoria della convivenza perduta. C’è l’Hotel Baron, di proprietà armena, dove scesero Lawrence e Agatha Christie. Ad Aleppo si è sempre commerciato. Prima della tragedia, vidi all’aeroporto donne che venivano dall’Armenia per acquisti. C’erano insegne in tante lingue, pure in russo. Aleppo soprattutto era capitale di storia e di cultura. Lo stupendo museo con le statue millenarie dei Baal. Soprattutto si viveva una tradizione di rispetto nella differenza. Per questo i combattenti non hanno salvato la città con una tregua: Aleppo doveva morire. Era, con il suo vivere insieme, la risposta vivente al totalitarismo islamista. Ed era troppo vivace per il clima occhiuto della dittatura. Preservarla era creare un’isola di pace in tanta guerra. Ricordo, quando lanciai l’appello Save Aleppo, le obiezioni: “Perché Aleppo e non un’altra città siriana?”. Ma Aleppo vuol dire pace e convivenza: il futuro auspicabile per la Siria.Oggi è quasi distrutta. Ciascun attore ha la sua strategia. Ne abbiamo discusso tante volte. Mentre l’Onu è impotente, vediamo la connivenza di tutti (pur nemici) nell’assassinare la città. Insensibili alle lacrime degli aleppini. Ci dicono nei fatti: la solidarietà e la volontà di salvare Aleppo non contano nulla. Non ci si meravigli allora se cresce il nichilismo tra la gente e i giovani. Non si era proclamato negli anni Novanta “Mai più Sarajevo”? Aleppo è la nuova Sarajevo. Forse peggio, se si possono paragonare i drammi. Peggio, perché non si è imparato niente dalla storia. Non ci stancheremo però di gridare: Save Aleppo! Salvate Aleppo, salviamola.
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