domenica 24 febbraio 2013
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Questo nostro Paese ha bisogno di andare avanti. E perciò ha bisogno di unità. Tra palazzi e cittadini semplici e nel mondo stesso della politica. (Anche se, dopo una campagna elettorale come quella che ci siamo lasciati alle spalle, è davvero difficile concepirla, l’unità d’intenti che pur serve per uscire definitivamente dal cupo tunnel della crisi globale e del declino nazionale in cui ci siamo – e siamo stati – cacciati).Questo nostro Paese ha bisogno di onestà. Prima di tutto con se stesso, con il presente che viviamo e verso il futuro che dobbiamo meritarci. (Ha necessità, cioè, di una classe dirigente che, appunto con pulizia e rigore personale e intellettuale, si decida a fare i conti non con ciò che tentano e inventano altri con spregiudicate ingegnerie sociali ed economiche, ma con ciò che ci è proprio e più che mai ci è necessario per ritrovare sobrietà e fiducia e per rinsaldare i legami e le attività che ci fanno civilmente forti).Questo nostro Paese non ha bisogno di alibi e non può permettersi divagazioni. (Sebbene sia probabile che il mondo politico finisca per scovare ancora una volta motivi per gli uni e per le altre anche in fondo alle urne di queste elezioni politiche generali). Il duro lavoro fatto e i pesanti sacrifici compiuti da tutti noi (e da qualcuno più degli altri) nei difficili mesi del “governo dei tecnici” e della super (ma infine incerta) maggioranza destra-sinistra-centro non possono essere sprecato. Le priorità sono evidenti a tutti: il lavoro da preservare e da creare, il sistema produttivo italiano (proft e non profit) da difendere, il credito da riattivare, tutta la scuola e tutta l’università (ma proprio tutte, comprese quelle liberamente promosse dalla società) da sostenere come essenziali “fabbriche di domani”, un immenso patrimonio culturale e ambientale da rispettare, interpretare e offrire come il bene che è, le probità e le slealtà fiscali e amministrative da trattare davvero come meritano e – ultima non ultima – la famiglia finalmente da valorizzare...Ma per dare unità, onestà e direzione di marcia all’Italia bisogna che ognuno di noi faccia la propria parte, andando a votare tra oggi e domani. E che chi, come i cattolici, ha valori guida chiari li usi a dovere. Premiando persone oneste e capaci di pensare e “fare” l’unità saggia che serve all’Italia. Bisogna scegliere, lo ripetiamo ancora, «più che si può e meglio che si può». Sfidando, così, lo scontento e i rigori di questo teso inverno italiano, e reagendo alla banalità del male che ha mortificato, negli anni della cosiddetta Seconda Repubblica, la politica nazionale.Parliamo, di nuovo, qui e ora, di politica mortificata, ma dovremmo forse scrivere di una politica mostrificata, perché resa autoreferenziale addirittura per legge (elettorale), perché ridotta a vivere solo sporadici sussulti partecipativi (essi, sì, inesorabilmente mortificati dalla ritualità), perché troppo spesso specchio sporco non delle tante buone parti, ma della parte peggiore della nostra società. Per questo nulla potrà più essere come prima, dopo questo voto, anche se questa campagna elettorale, purtroppo anche in chi poteva e doveva farla finalmente diversa, è stata troppo simile a quelle a cui ci eravamo abituati. Anzi, a quelle a cui noi e tanti altri italiani non ci siamo, per quel che vale, mai voluti abituare negli anni del bipolarismo furioso.Nulla potrà più essere come prima perché è comunque finito quello squilibrio poco governante, che negli anni scorsi, con legislature di colore sempre diverso, ci ha dato quasi solo il bene della pur sospirata democrazia dell’alternanza e della sua “igiene”, troppo piccola a giudicare dalla sporcizia accumulata tra schedari ministeriali e paraministeriali, discreti conti correnti e banche tutte intere, spettacoli (pubblici e privati) disonorevoli e disonorevoli carriere. Quella stagione è comunque finita. Anche se qualcuno finge di non essersene accorto. Certo, una nuova politica e un nuovo equilibrio seriamente bipolare non nasceranno facilmente e neanche subito. Faranno fatica a delinearsi persino nel caso che nel nuovo Parlamento riesca, nonostante tutto, a realizzarsi in forza delle democratiche scelte degli italiani una maggioranza garantita da questo o quello dei troppi iscritti alla lista dei già vittoriosi (annunciati, per rimonta, da tsunami...). Ma dovrà nascere, perché non è neanche immaginabile, e non potremmo rassegnarci a essa, una Terza Repubblica segnata dalla contesa tra “politici” e “antipolitici”. Per metterci sulla strada giusta, comunque vada, servirà una vasta convergenza costituente e ricostituente tra le forze e le personalità che hanno per interesse l’Italia, e nient’altro.
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