lunedì 9 novembre 2015
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​Papa Francesco nella Evangelii Gaudium ci consegna l’immagine di una comunità cristiana che è e può diventare sempre più e sempre meglio «carovana solidale». Lo fa parlandoci delle relazioni nuove che si generano uscendo dalle strutture chiuse, dagli egoismi, dalle indifferenze, dalle rassegnazioni e seguendo in tutto – anche nel campo della comunicazione (e dell’informazione) – Gesù Cristo. Ho continuato a pensarci in questi giorni, assieme ai miei colleghi, mentre ci prepariamo a raccontare "Firenze 2015", il grande Convegno nazionale della Chiesa italiana, e mentre ci siamo trovati a dover contribuire, sia pure con il timbro di voce proprio di "Avvenire" e con il nostro sguardo profondo (e partecipe) sulla Chiesa, all’onda mediatica suscitata da due arresti per slealtà e da due libri sleali. Quasi inutile ricordare che gli arresti sono quelli avvenuti per disposizione delle autorità del Vaticano (dove tali misure sono davvero eccezionalissime) a carico di un monsignore e di una consulente da tempo esonerati dalle responsabilità che avevano ricoperto. E che i libri sono quelli che due giornalisti, con metodo diverso e in competizione tra di loro, hanno dedicato ad aspetti veri o presunti della vita di Curia e che purtroppo sono stati costruiti e presentati con la manifesta – o, meglio, manifestata nonostante gli artifici retorici – intenzione di dare un’immagine capovolta e repellente della Chiesa ai tempi di papa Francesco: carovana per nulla solidale e impantanata. Ecco perché ritengo quei libri sleali, e mistificanti.Penso e vedo, infatti, che il Papa ha ragione. E sono sicuro che hanno torto quelli che vorrebbero usare una parte dei motivi (precise inefficienze organizzative, qualche presunzione, diverse storture e umane debolezze) per cui la carovana della Chiesa si è rimessa in moto non per aiutarla, ma per cercare di bloccarla, per farla chiudere a cerchio come in un triste Far West, per inchiodarla sulla difensiva. La carovana, però, non si muove per fuga, ma per fedeltà. Fedeltà a un cammino che per diverse vie – ci ricorda Francesco – conduce a Cristo e dunque inesorabilmente alla sua «carne», i poveri, i senza voce, gli scartati. Si muove per volontà d’incontro, per libertà dai poteri del mondo. E per amore. Proprio così, per "amore", parola inflazionata, ma non commerciabile (pena, essa sì, di capovolgersi e svuotarsi irrimediabilmente) e cuore dell’«umanesimo nuovo» che ci è possibile e necessario. Per questo la carovana non si può fermare e non si può chiudere a cerchio. Ci sono ruote storte? Si aggiustano o si cambiano. Ci sono errori? Si correggono. Le accuse maliziose o maligne non si subiscono, si affrontano e si smentiscono, smontandole coi fatti, non solo con le parole. E se si rivelano non totalmente distorte o in una qualche misura vere, comunque siano state formulate, si prendono sul serio. Perché è la verità che ci fa liberi e non le mezze verità o le miopie tutte intere. E la «riforma» della Chiesa, degli strumenti che di tempo in tempo si dà per fare il bene (e che il male ovviamente insidia), dei comportamenti dei credenti – tutti senza eccezioni, cardinali o semplici fedeli – non sono un rimedio, sono una vocazione. Irrinunciabile. L’importante è stare accanto al Papa, prestargli ascolto, prendere semplicemente esempio da lui. E, allo stesso tempo, è importante non perdere mai la giusta e salda consapevolezza della vita quotidiana e generosa delle nostre comunità cristiane e di coloro che in esse portano responsabilità: sono in mezzo a noi, riconoscibili, e li possiamo stimare col metro buono, inesorabile e luminoso del Vangelo. E se invece non sono in mezzo a noi, questo è già un indizio.Anche i libri e anche gli articoli di giornale, se seri, se non frutto di ricettazioni immorali e di torsioni della realtà, possono aiutare a "vedere", a capire e se necessario a correggere. Ma, ripeto, in questa nostra terra la Chiesa è, e può essere, casa ed esperienza concreta di chiunque, e per tutti è comunque e davvero a portata di occhi (e di mano, ricevuta e data). La «carovana solidale», dunque, va. E non si ferma e non si chiude a cerchio. Da domani, qui in Italia, farà tappa a Firenze. Tappa cruciale, non traguardo. Tappa autentica, cioè luogo e tempo da cui ripartire. Il cammino è aperto.
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