lunedì 16 febbraio 2015
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Facciamo i complimenti a Il Volo e Nek, ma il vero vincitore di Sanremo è un altro. Perché il Festival della canzone – indipendentemente dai risultati d’ascolto o dal gradimento del pubblico che ottiene l’edizione – da anni vale meno del 2% del mercato musicale. Certo, qualche artista dopo esserci passato diventa (un po’ più) famoso e tanti altri si fanno rivedere dal grande pubblico, ma in quanto a vendite tutte le canzoni di Sanremo messe insieme sono una goccia nel sempre meno florido fiume della musica. Eppure, in mancanza di alternative davvero competitive, il Festival resta la più importante manifestazione musicale italiana. E ogni anno i discografici ci tornano nella speranza che un santo che non esiste (Remo) riporti la canzone italiana ai successi dei bei tempi. Per questo – non si offenda nessuno – ha sempre meno importanza quale canzone vinca il Festival (a proposito: quanti si ricordano chi ha vinto l’anno scorso?). Ciò che conta davvero a Sanremo, ormai ha ben poco a che fare con la musica. Tralasciando i pur lauti guadagni che il Festival porta nella cittadina ligure (e ancor di più la convenzione con la Rai, che riguarda decine di programmi da far svolgere in città), tutto ruota attorno alla televisione. I veri vincitori di questo Sanremo appartengono tutti a quel mondo. Sono loro che hanno davvero vinto. Innanzitutto Carlo Conti, con il suo stile misurato che punta a far sempre felici tutti (dalla destra alla sinistra, dal Nord al Sud) e a stemperare qualunque situazione. In un’Italia fiaccata dalla crisi e attraversata ogni giorno da conflitti, il suo stile da pacificatore ha reso più che mai il Festival sereno e la sua visione un atto tutto sommato rilassante, poco impegnativo e per nulla stressante. A vincere, poi, è stata anche la Rai. Per la prima volta da anni, Sanremo ha rappresentato per il Servizio Pubblico un guadagno economico importante: 4 milioni di euro di attivo. Da "carrozzone" che bruciava risorse, si è trasformato negli ultimi anni in una macchina capace di produrre sempre più soldi. A ben vedere, però, la vera vittoria di questo Sanremo è stata soprattutto un’altra. Gli ascolti in crescita di questa edizione, con uno share sempre vicino o superiore al 50% (cioè, un italiano su due, davanti alla tv, guardava il Festival) hanno ridato vitalità alla cosiddetta televisione generalista. Quella prodotta da Rai e Mediaset e che si rivolge ad un pubblico molto ampio. Quella tv generalista che da quando è arrivata Sky (che oggi è il più ricco gruppo televisivo italiano) e tutti sembrano vivere connessi alla Rete, su social, web e chat, era considerata alla pari di certe anziane zie. Simpatica, importante, ma non certo alla moda o moderna. Tutti proiettati a guardare le ultime novità, a seguire Master Chef, X Factor e le grandi serie tv americane a tinte sempre più forti, ci stavamo dimenticando che la tv generalista può e ha ancora un ruolo determinante. Conti e il Festival le hanno ridato grande dignità, anche agli occhi dei media. L’hanno rivitalizzata, avvicinando per una settimana Raiuno a un pubblico più giovane. L’hanno portata ad avere una fetta di attenzione importante persino sui social network. Insomma, le hanno ridato se non la bellezza fragorosa dei 20 anni, almeno quella consapevole dei 40-50. Ora, a luci spente, resta solo una domanda: sapranno Conti, la Rai e tutta la tv generalista fare davvero tesoro di tutto questo?
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