sabato 24 settembre 2022
Anche oggi gli studenti di diverse università, tra cui quella di Teheran, hanno continuato a radunarsi per condannare la morte di Mahsa

Il pugno di ferro contro i dimostranti, che da dieci giorni manifestano in 80 città iraniane contro la morte della 22enne Mahsa Amini, avvenuta a poche ore dal suo arresto da parte della polizia per la morale perché indossava male il velo, era stato invocato dal corpo paramilitare dei basiji e da diversi rappresentanti del regime. Il ministro dell’Interno, Ahmad Vahidi, ha accusato i manifestanti di «seguire gli Stati Uniti, i Paesi europei e i controrivoluzionari con il fine di creare disordine e distruzione nel Paese», aggiungendo che il bando a Internet, a WhatsApp e Instagram continuerà fino alla fine delle proteste.

Si è aggravato il bilancio delle proteste. Le autorità iraniane parlano ora di 35 morti (giovedì erano 17), mentre fonti non ufficiali collocano il bilancio ad almeno 50 morti, oltre a centinaia di feriti e ben oltre mille arresti. Tra le vittime almeno 4 bambini, secondo Amnesty International che accusa le forze di sicurezza iraniane di aver sparato deliberatamente e illegalmente» ai manifestanti. Citando il generale della polizia Azizollah Maleki, l’agenzia di stampa Tasnim parla di «739 rivoltosi, tra cui 60 donne» nella sola provincia di Gilan, nel Nord del Paese.

Anche oggi gli studenti di diverse università, tra cui quella di Teheran, hanno continuato a radunarsi per condannare la morte di Mahsa. La protesta si è allargata alla città di Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno, le donne sono scese in piazza per denunciare "il regime iraniano" e "la repressione". Circa trecento le manifestanti che hanno scandito in curdo "Abbasso la dittatura" e "Donna, vita e libertà" radunandosi di fronte agli uffici delle Nazioni Unite a Erbil. Alcune di loro hanno dato fuoco al velo islamico.
"Sostenete il popolo iraniano", "Le persone vengono uccise per la libertà in Iran", si legge su alcuni cartelli. "Jhina, un esempio di vita, la scintilla della rivolta", è stato scritto su un altro usando il nome curdo di Mahsa. La vittima era infatti originaria del Kurdistan iraniano, nel nord-ovest dell'Iran al confine con l'Iraq.

Tra i morti nelle proteste in Iran ci sono stati anche almeno 4 bambini: così ha denunciato Amnesty International, che ha anche accusato le forze di sicurezza iraniane - i Pasdaran, la milizia paramilitare Basij e gli agenti in borghese - di aver sparato "deliberatamente e illegalmente" ai manifestanti. Secondo fonti ufficiali, nei disordini, i peggiori da decenni, sono già morte almeno 35 persone, ma l'Ong ritiene che il dato sia fortemente sottostimato.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: