lunedì 11 febbraio 2019
News dentro la dimora romana del giurista: tra i mobili di casa, il lasciapassare per accedere sempre a un incontro con il Papa, il carteggio intimo con il fratello (che divenne Papa)
Patti lateranensi: a casa Pacelli, il giurista che trattò con Mussolini

Suo fratelli minore divenne Papa con il nome di Pio XII. Lui, Francesco Pacelli, classe 1874, uomo dai valori nobili, dedicò tutta la sua vita al Il lavoro, lo studio, la famiglia. Docente universitario, giurista, grande mediatore, fu lui il vero protagonista nascosto dei Patti Lateranensi. Lui, che a partire dal 1926 per volontà di Pio XI, fu incaricato di condurre i negoziati con lo Stato italiano, felicemente culminati nell’accordo siglato l’11 febbraio del 1929.

Per celebrare il 90esimo anniversario dei Patti Lateranensi, le telecamere di Vatican News sono entrate nella casa romana di Francesco Pacelli, in via Boezio 19, nel quartiere Prati. Nel villino vive ancora la famiglia, e precisamente la famiglia del nipote. Molti oggetti sono stati custoditi com'erano: l'antica sedia della sua scrivania, le foto, il campanello del portone, dal suono impertinente, fino agli acquerelli dipinti a Santa Marinella nei brevi ritagli di tempo libero.

Come ricorda Vatican News, “tutto il lavoro di costruzione dell’ordinamento interno della Città del Vaticano - spiega Giuseppe Dalla Torre, presidente dello Stato della Città del Vaticano, - può essere ancora riportato alla mano di Francesco Pacelli”. Per questa attività Pacelli chiese e ottenne di avvalersi della collaborazione del giurista ebreo fiorentino Federico Cammeo, a cui era legato da profonda stima e amicizia. I due definirono lo schema delle prime leggi del nuovo Stato, che vennero emanate il 7 giugno 1929. È lo stesso giorno della ratifica dei Patti Lateranensi sancita dalla pubblicazione degli Acta Apostolicae Sedis, la ‘Gazzetta Ufficiale’ della Santa Sede. Tutti i suoi passi, i momenti della giornata, gli appuntamenti, gli incontri con le gerarchie vaticane e gli esponenti del governo Mussolini, in una parola, la trattativa, sono stati annotati da Pacelli nel ‘Diario della Conciliazione’. Un documento intimo, pubblicato nel 1959, che offre una sorta di backstage dei Patti facendo emergere in parallelo l’anima dell’avvocato scaltro, ma timorato di Dio.

Dai cassetti dei mobili, inaspettato, viene fuori anche il lasciapassare che testimonia la fiducia di cui godeva presso il Papa. “L’avvocato Francesco Pacelli - c’è scritto sul prezioso cartoncino con lo stemma pontificio - può sempre domandare di avere udienza presso il Sommo Pontefice Pio XI”. Sempre. Di giorno, di notte se fosse stato necessario, perché si portasse a compimento il progetto dello Stato con i suoi confini, le sue strutture, i suoi organismi e tutta una serie di servizi di cui ancora oggi usufruiscono cittadini e dipendenti.Di quel periodo è rimasto anche l’assiduo e privato carteggio con il fratello Eugenio Pacelli, all’epoca un giovane monsignore chiamato a fare il nunzio in Germania, poi segretario di Stato e infine Papa, al quale confidava le speranze, le paure, gli ostacoli della lunga trattativa. La nobile tenacia di Francesco Pacelli, sorretta dalla fede, è impressa anche nell’insegna di famiglia. Al suo interno figura infatti anche lo stemma della Santa Sede: una concessione esclusiva proprio a causa dell’impegno del giurista nella stesura dei Patti che gli valse la nomina a consigliere generale dello Stato della Città del Vaticano e il titolo ereditario di marchese.

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