lunedì 11 ottobre 2021
Via in forma virtuale alla prima parte della Conferenza Onu sulla biodiversità (Cop15). «E' il momento della verità»
La costa cinese di Fujian

La costa cinese di Fujian - Reuters

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Dopo la Pre-Cop milanese, iniziamo il viaggio di avvicinamento alla Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico o Cop26 che si aprirà a Glasgow fra venti giorni esatti e terminerà il 12 novembre.

«Il momento della verità». Con queste parole, Elizabeth Maruma Mrema, segretaria della Convenzione Onu per la protezione della diversità biologica, ha aperto il 15esimo summit dei 196 firmatari. O meglio la sua prima parte che, fino a venerdì, si svolgerà in forma virtuale. Il momento clou è previsto tra il 25 aprile e l’8 maggio, quando finalmente – dopo tre rinvii – ci sarà l’incontro in presenza a Kunming, la capitale cinese della biodiversità: nella regione dello Yunnan, che rappresenta il 4 per cento del territorio nazionale, si concentrano i tre quarti delle specie protette, inclusi i rarissimi elefanti superstiti.

Proprio un filmato di un avvistamento recente di quindici esemplari ha inaugurato oggi la Conferenza Onu (Onu). Un momento procedurale, con il passaggio della presidenza dal Cairo a Pechino. Al contempo, però, è una parte cruciale del negoziato che dovrebbe portare a un nuovo piano per arginare l’emorragia di specie: oltre un milione sono a rischio estinzione. Questo dimostra – ha confermato con amarezza Maruma Mrema – che gli impegni assunti dieci anni fa ad Aichi, in Giappone, sono rimasti sulla carta. «Non possiamo ripetere lo stesso, tragico errore», ha esortato.

Un primo passo è arrivato dal Paese ospite: il vice-premier Hang Zheng ha annunciato che, d’ora in poi, ogni programma di sviluppo regionale o settoriale dovrà includere la protezione della biodiversità. Non è un segreto che, in seguito al ritiro Usa dall’Accordo di Parigi, la Cina aspiri a un ruolo di leadership in ambito climatico. Sfida non facile per il “grande inquinatore”, con il record mondiale di emissioni.

Eppure, negli ultimi anni, qualcosa è cambiata grazie alla “rivoluzione verde” del presidente Xi Jingping. Gli esperti, però, sono cauti. «Un conto sono i limiti in patria. Il maggior impatto ambientale di Pechino, però, si riverbera nel Sud del mondo, soprattutto in Africa e in America Latina», spiega Nathalie Seddon, esperta di biodiversità di Oxford. Proprio per questa ragione c’è grande attesa oggi per il discorso di Xi in cui dovrebbe svelare ulteriori impegni in ambito ambientale oltre a quelli contenuti nella bozza dell'accordo. Tra questi, il taglio di due terzi dei pesticidi e la controversa regolare del “30x30”, la trasformazione del 30 per cento della superficie del pianeta in aree protette.

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