giovedì 11 dicembre 2008
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Più sono belle e più il prezzo sale. Ma soprattutto meno anni hanno e maggiori sono le somme che le loro famiglie incassano. Perché l’età bassa, bassissima, per il futuro marito-padrone si traduce in maggiore purezza. Pelle non ancora sfiorata da nessun altro uomo. Pelle «pregiata». A dispetto del diritto ad avere un’infanzia serena. A poter scegliere da soli, senza abusi, il proprio destino. A esser trattati come esseri umani, appunto.Le chiamano spose-bambine. Piccole vendute e sfruttate, nella realtà dei fatti. Come oggetti. Peggio delle bestie. Cedute in certe zone del Sud del mondo al miglior offerente. Nell’Africa sub-sahariana sono 15 milioni ogni anno. Una «tradizione» antica. E oggi trasformata in un traffico umano dai profitti enormi, «soprattutto per l’allargamento di questa pratica dalle zone rurali alle aree urbane», sottolinea il sociologo Sidi Mohamed Ould Jyyde. Avviene già nella capitale mauritana Nouakchott, dove «una famiglia può diventare ricca vendendo una figlia a un uomo benestante, magari degli Stati del Golfo: i matrimoni precoci sono garanzia di profitto senza sforzi», fa notare ancora l’esperto. Una volta, spiega Jyyde, le pratiche tradizionali prevedevano lo scambio di regali simbolici in occasione del matrimonio. Ora è la volta del business. Dei petrodollari. A seconda della bellezza e dell’età le famiglie possono chiedere da un minimo di 4mila a decine di migliaia di dollari. I trafficanti sono pronti a pagare per l’intero «pacchetto», incluse le spese di viaggio per le bambine. Ma chi sono questi trafficanti? Ombre pronte a sparire al minimo segnale di pericolo con la legge, che vieta in molti Paesi, tra cui la stessa Mauritania, il matrimonio prima dei 18 anni. Si tratta di intermediari pagati da uomini benestanti in cerca di moglie. A volte il ruolo è ricoperto da un parente della stessa bambina. La compravendita è una discesa agli inferi. Oumelkhary Mint Sidi Mohamed oggi ha 14 anni. È stata venduta da suo padre quando ne aveva 8, recapitata come un pacco postale dal suo villaggio al confine col Mali a Nouakchott. A una zia che viveva nella capitale il compito di portarla in Arabia Saudita dal suo futuro marito. Prima del matrimonio, però, la piccola è stata stuprata da un cugino. Non era più «pura». Per la sua famiglia una disgrazia. Economica, s’intende. «Per evitare la vergogna hanno costretto mio cugino a sposarmi - racconta -. Gli facevo da schiava e mi picchiava continuamente».Dopo un anno la bimba riesce a divorziare. Ad aiutarla, prima che il padre la venda di nuovo, è un parente che la adotta, Rabie, l’unico a comprendere il trauma che la piccola ha vissuto e che ora sta cercando di iscriverla a scuola. «La religione islamica consente di far sposare una figlia a sei anni, anche se per i contatti fisici bisogna aspettare per la maturità biologica», spiega Hamden Ould Tah, segretario generale dell’Associazione mauritana degli studiosi islamici. Le autorità non sanno quanto il fenomeno sia ampio. «Non esistono statistiche ufficiali per i matrimoni precoci», dicono dal ministero per la Promozione delle donne e delle famiglie. In Paesi vicini come il Niger si stima che il 76% delle donne contragga matrimonio prima della maggiore età. «Spero di poter giocare e andare a scuola come tutti - conclude Oumelkhary -. Prego di essere l’ultima ragazza ad aver subito queste umiliazioni».
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