giovedì 13 ottobre 2022
La Corte di giustizia ha ribadito nel caso di una belga musulmana. Il bando ai segni distintivi di una religione o una filosofia non è limitativo se applicata in modo generale
Passanti nel centro di Teheran

Passanti nel centro di Teheran - Ansa

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«Non costituisce discriminazione». I giudici della Corte di giustizia dell’Unione Europea hanno ribadito quanto già affermato nel 2017: la facoltà dei datori di lavoro di vietare alle donne di indossare il velo. Il verdetto di ieri, tuttavia, come il precedente, difficilmente riuscirà a chiudere la polemica che da anni divide l’opinione pubblica dei Ventisette. La questione è particolarmente sensibile perché spesso manipolata per giustificare pregiudizi nei confronti dei fedeli islamici o degli immigrati in senso ampio. E, in effetti, era stato proprio il ricorso di una musulmana – di cui non si conosce l’identità ma solo le iniziali, L.F. – nei confronti della società belga Scrl che, nel 2018 l’aveva respinta a un tirocinio in seguito al suo rifiuto a scoprire il capo, a spingere il tribunale Ue al nuovo pronunciamento. Quest’ultimo – dopo aver ricevuto l’istanza dalla corte del lavoro belga alla quale la donna si era inizialmente rivolta – lo ha fatto, inquadrando il dilemma del velo in un orizzonte più ampio, in modo da sgombrare il campo da fraintendimenti ed equivoci. Per gli alti togati, il velo non è diverso da qualunque altro tipo di simbolo delle convinzioni religiose e filosofiche della persona. Come tale, il divieto di portarlo contenuto in un regolamento aziendale non rappresenta «discriminazione diretta». Sempre che – ma anche questo lo aveva già detto cinque anni fa – il bando sia applicato in modo generale e indiscriminato, non sia cioè limitato a una categoria specifica di credenti. Gli Stati Ue, finora, hanno agito in ordine sparso sul “divieto al velo”.
A fare da apripista è stata la Francia che, dal 2010, proibisce di coprirsi il volto. Dal 2004, inoltre, è vietato il copricapo nelle scuole pubbliche. Nella stessa direzione sono andati pure Belgio, Danimarca, Lettonia e Italia. Il nostro Paese, in realtà, costituisce un caso a parte poiché il bando al velo integrale rientra in quello agli indumenti che coprano il volto, in vigore dal 1975. Otto Stati tedeschi e la Bulgaria hanno optato per proibire anche la sciarpa sulla testa. L’Austria applica le restrizioni a bimbe e adolescenti e ai dipendenti pubblici.

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