domenica 27 gennaio 2019
L’ultimo caso è scoppiato nella città di Jinhu: somministrate 145 dosi scadute ad altrettanti bambini. La frustrazione e l’ira dei genitori: a rischio la salute dei nostri figli
Vaccini, somministrate 145 dosi scadute, monta la rabbia
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È la frontiera, scivolosa e conflittuale, lungo il quale si può incrinare la compattezza della “macchina” del potere cinese. Assorbita dalla stretta del partito ogni spinta al cambiamento politico, la difesa della salute – e dunque di una dimensione strettamente “privata” – è sempre più il campo di battaglia sul quale la dirigenza cinese è costretta a misurarsi. L’ultimo episodio di una lunga catena si è consumato nella città di Jinhu, nella provincia di Jiangsu.

Un caso tanto più deflagrante perché catturato – e replicato all’infinito – dalle immagini di un video che mostra l’aggressione ai danni di alcuni funzionari, fuori i cancelli del Licheng Health Centre, da parte di «una folla di genitori inferociti», come li ha definiti il quotidiano di Hong Kong, il South China Morning Post. A scatenare la rabbia la notizia della somministrazione di 145 dosi di vaccino anti polio scaduti ad altrettanti bambini di età compresa tra i tre mesi e i quattro anni. Rabbia e paura che urtano contro un muro di gomma: la mancanza di informazione (e di trasparenza).

Una miscela esplosiva. Wu Youjin è uno dei «genitori inferociti» scesi in strada a Jinhu. Wu ha una figlia di 15 mesi. Alla bimba è stato somministrato un mix di vaccini contro la poliomielite, la lebbra e il Dtp (difterite, tetano e pertosse). Tornati a casa, racconta Wu, la bimba ha manifestato un’eruzione cutanea.

L’uomo ha cercato di informarsi, senza riuscirci. Unica certezza alla quale è approdato: i vaccini somministrati alla figlia non avevano alcun numero di serie. Dunque non erano tracciabili in nessun modo. Il Partito, al quale non sfugge di certo il potenziale esplosivo dell’ennesimo scandalo legato ai vaccini, non è rimasto indifferente: diciassette funzionari sono stati immediatamente messi sotto inchiesta.

Il caso di Jinhu è solo la punta di un sommerso gigantesco che tocca, peraltro, un settore sensibile dell’economia del colosso asiatico: il mercato cinese dei vaccini vale 21,6 miliardi di yuan, quota che rappresenta l’11 per cento del mercato mondiale. Secondo gli analisti, il settore è destinato a crescere ancora e raggiungere i 66,5 miliardi di yuan nel 2022 (un quarto del mercato globale). I vaccini, che rientrano nel programma di immunizzazione pediatrica gratuito del governo, costituiscono il 12,6 per cento del mercato, “fetta” dominata dai produttori statali. I numeri catturano impietosamente l’entità del fenomeno. Nel 2016 circa 2 milioni di vaccini conservati «in modo improprio » sono stati venduti in tutto il Paese.

Oltre 350 i funzionari delle amministrazioni locali licenziati o sanzionati. La repressione non sembra, però, aver disinnescato il fenomeno. Lo scorso mese di luglio è finita nel mirino la Changchun Changsheng Biotech, industria farmaceutica con base a Jilin. L’accusa piovuta addosso al colosso, come ha riportato AsiaNews, è di aver venduto 252.600 vaccini al Centro di prevenzione e controllo delle malattie dello Shandong. Nel novembre 2017 erano stati ritirati 650mila fiale dello stesso tipo perché «inefficaci ». Nello stesso periodo, le autorità di controllo avevano indagato il Wuhan Institute of Biological Products per aver venduto 400.520 vaccini «non efficaci» nelle province di Chongqing e Hebei. Solo sette giorni prima, l’ufficio di controllo della sanità aveva scoperto che anche il vaccino anti rabbia prodotto dalla Changchun Changsheng Biotech non funzionava. Dati i continui scandali che hanno coinvolto la casa farmaceutica, lo State Drug Administration ha revocato la licenza alla compagnia.

Le autorità hanno condannato la Changsheng Biotech a pagare 3,4 milioni di yuan. Secondo gli esperti però la cifra della multa è irrisoria: lo scorso anno la compagnia ha fatturato 566 milioni di yuan e ha ricevuto 48,3 milioni di yuan di sussidi governativi. Qual è il punto debole che “buca” il sistema e lo rende vulnerabile alla corruzione? La National institutes for food and drug control è l’agenzia che attesta la qualità delle medicine e dei prodotti alimentari. Un ex dipendente ha svelato il punto debole dell’intero edificio: «Siamo l’unico istituto ne Paese in grado di testare la qualità e l’efficacia dei vaccini. La Cina produce oltre un miliardo di vaccini ogni anno. Non si riesce a testare ogni lotto prima di metterli sul mercato». Solo il 5% dei campioni viene verificato. Le maglie dei controlli, insomma, sono fin troppo larghe.

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