sabato 23 dicembre 2017
La norma vieta l’interruzione di gravidanza volontaria se gli esami prenatali rivelano che il bambino è affetto dall’anomalia genetica. In Islanda invece si applica l'eliminazione sistematica.
Mamme in attesa (Siciliani)

Mamme in attesa (Siciliani)

COMMENTA E CONDIVIDI

Ricordate il bando islandese per la sindrome di Down? I numeri sulle nascite rivelarono l’estate scorsa che sull’isola tutte le gravidanze con diagnosi del cromosoma in più vengono interrotte anzitempo. Sull’estremità opposta si pone ora l’Ohio, dove il governatore John Kasich ha firmato il «Down Syndrome non discrimination Act», la legge votata dal Parlamento dello Stato nel nord degli Usa che vieta l’aborto quando gli esami prenatali abbiano rivelato che il bambino è affetto dall’anomalia genetica.

Come ha spiegato Sarah LaTourette, relatrice della legge alla Camera della capitale Columbus, «non è una legge anti-aborto ma un provvedimento contro la discriminazione», criterio che però non ha disarmato gli oppositori, fermi nel condannare quella che giudicano un’interferenza nel diritto delle donne di decidere in modo libero: «Non dovremmo mai costringere una donna a diventare madre contro la sua volontà – è il duro commento di Gary Daniels, direttore locale dell’American Civil Liberties Union, influente lobby i cui giudizi sono fatti propri dai media liberal americani –. Non conosciamo le circostanze della scelta, i nostri legislatori dovrebbero vergognarsi». Un giudizio sul quale di certo pesa anche la politica: il governatore Kasich infatti è una delle figure di spicco del Partito Repubblicano, a lungo rivale di Trump nell’ultima campagna per la nomination alla Casa Bianca, interprete dell’anima moderata del partito. Convinto sostenitore della prevalenza del diritto alla vita su altre pur fondate priorità, fu costretto un anno fa a vanificare col suo veto una legge che avrebbe bandito l’aborto dopo la sesta settimana di gravidanza (la cosiddetta «legge del cuore che batte») sotto la minaccia di ricorsi per incostituzionalità. Un’ombra che già si allunga anche sul nuovo provvedimento, destinato a entrare in vigore tra 90 giorni ma che in una formulazione analoga è stato bocciato da un giudice federale in Indiana mentre in North Dakota la legge contro l’aborto anti-Down è in vigore da quattro anni (ma con un limite massimo per le interruzioni comunque già fissato a 16 settimane).

A far discutere sono anche le pene previste: reato penale per chi coopera alla soppressione di un Down e condanne fino a 18 mesi, radiazione per i medici, mentre le donne che abortiscono non sono perseguibili. Comunque la si pensi, i dati dell’Ohio – specchio di quanto accade dovunque – sono impressionanti: la crescente precisione della diagnostica prenatale ha portato in 25 anni a una diminuzione delle nascite di bambini Down del 34%, equivalente con ogni evidenza a un identico aumento di aborti "mirati".

Statistiche alla mano, appare più chiaro il ragionamento della parlamentare repubblicana che ha presentato la legge al voto della Camera: qui si tratta di eliminare una patente discriminazione in base di una caratteristica fisica, argomento che potrebbe far breccia in un Paese dove tra il 50 e l’85% delle donne che ricevono una diagnosi di sindrome di Down in gravidanza decidono di abortire. Una selezione eugenetica massiccia quanto silenziosa che Mike Gonidakis, presidente di «Right to Live» Ohio, prende di petto: «Tutti i cittadini hanno diritto alla vita, non importa quanti cromosomi abbiano».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI