venerdì 2 agosto 2013
La Camera apre la strada alla legalizzazione. Il presidente “Pepe” Mujica: strumento per la lotta ai narcos. Se il provvedimento passerà anche al Senato il Paese potrebbe diventare un “riferimento” per il resto dell'America latina.
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«La marijuana è sterco, è nemica degli studenti, dei lavoratori, della vita. È sterco con o senza la legge». Ci è andato giù duro Dario Pérez, deputato del Fronte Amplio, il partito di sinistra che governa l’Uruguay con il presidente José “Pepe” Mujica. Eppure, nonostante la sua esplicita e colorita opinione, Pérez ha votato in linea con i suoi colleghi: a favore di una normativa inedita a livello mondiale, che trasformerà l’Uruguay nel primo Paese in cui lo Stato assume il controllo della produzione e della vendita di cannabis. Il progetto ha passato il primo esame ed è stato approvato dalla Camera dei deputati con 50 sì e 46 no: una spaccatura netta, che riflette i tanti dubbi che accompagnano una normativa voluta soprattutto dal presidente. Entro la fine dell’anno dovrebbe arrivare in Senato, dove il Fronte Amplio mantiene comunque la maggioranza. Gli oppositori non demordono e, in caso di convalida definitiva, annunciano la raccolta di firme per un referendum abrogativo, puntando sul dissenso popolare. Secondo un sondaggio della società Cifra, infatti, appena il 26 per cento della popolazione è a favore della regolarizzazione del commercio di marijuana. Contrari, invece, sono il 63% degli uruguayani. Ma Mujica, nonostante lo scarso appoggio dei cittadini, è andato avanti, convinto che questa strategia toglierà terreno al crimine organizzato, indebolirà i cartelli dei narcos e allontanerà i consumatori di marijuana dai rischiosi contatti con il mercato nero della droga. La normativa stabilisce che «lo Stato assumerà il controllo e la regolamentazione delle attività di importazione, esportazione, semina, coltivazione, raccolta, produzione, acquisto, immagazzinamento, commercializzazione e distribuzione di cannabis e derivati». I consumatori (dai 18 anni in su) dovranno iscriversi in un registro e potranno comprare nelle farmacie autorizzate un massimo di 40 grammi al mese per uso «ricreativo o medicinale». Non solo: ognuno in casa potrà coltivare fino a sei piantine, per una produzione limite annuale di 480 grammi. Come per il tabacco non si potrà fumare in luoghi pubblici chiusi e non sarà permesso nessun tipo di pubblicità. «Se il business della droga non è clandestino, non funziona» sostiene il Fronte Amplio, soddisfatto per il voto. «Distruggeranno la vita a molti giovani» ribatte l’opposizione. Fra i medici, invece, è diffuso il timore che la regolarizzazione riduca la percezione dei rischi del consumo.«Non è lasciando libero l’uso della droga, come si discute in varie parti dell’America Latina, che si consentirà la riduzione della diffusione che influenza la dipendenza da sostanze stupefacenti. È necessario affrontare il problema che sta alla base dell’uso delle droghe, promuovendo la giustizia ed educando i giovani ai valori per costruire una vita comune» ha ricordato il Papa in visita in centro per la cura dei tossicodipendenti a Rio, durante la Gmg.Il dibattito sulla legalizzazione è in corso anche in altri Paesi della regione latinoamericana, appoggiato però solo da ex presidenti. L’Uruguay tenta lo strappo. «Non vogliamo essere un esempio per il mondo», dicono i sostenitori. Ma Montevideo potrebbe essere l’apripista.
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