sabato 7 settembre 2019
Lo ammette il ministro della Sanità. La Croce Rossa teme che il 45% delle case sulle isole di Grand Bahama e Abacos, vale a dire 13.000 immobili, siano state devastate. Salite a 45 le vittime
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Nelle Bahamas, oltre a generatori, pasti pronti e coperte, servono sacchi per i cadaveri. Nella parte settentrionale dell’arcipelago, infatti, gli operatori umanitari che passano al setaccio senza sosta i detriti di case e edifici in frantumi hanno perso la speranza di trovare sopravvissuti. E il loro lavoro non fa che aumentare di ora in ora il bilancio delle vittime dell’uragano Dorian.

La tempesta, la più potente che abbia mai colpito le 700 isole tropicali, ha flagellato fra domenica e lunedì scorsi soprattutto Abaco e la Grand Bahama, livellando interi quartieri e demolendo infrastrutture chiave, tra cui le piste di atterraggio degli aeroporti e un ospedale. Centinaia, se non migliaia, di persone sono ancora disperse, e le autorità sono convinte che il numero dei morti, che ufficialmente ammonta a 45, si impennerà. «L’opinione pubblica purtroppo deve prepararsi a informazioni inimmaginabili sui numeri delle vittime e dei danni alle Bahamas – ha detto ieri il ministro della Sanità dell’arcipelago, Duane Sands – . Il bilancio senza dubbio sarà molto alto». Intanto molti dei feriti dalla tempesta, che aveva raggiunto il massimo livello, il quinto, della scala di intensità Saffir-Simpson quando ha toccato terra sull’arcipelago, sono stati trasportati in aereo in ospedali su altre isole con fratture e ferite alla testa e affetti da traumi e disidratazione, e ci si attende una seconda ondata di pazienti nei prossimi giorni.

Ma, poiché molte cliniche sono allagate e incapaci di ricevere ulteriori i feriti, i gruppi di soccorso si stanno concentrando su come far arrivare operatori sanitari e forniture mediche nelle aree più colpite, oltre che su come aiutare i sopravvissuti a ottenere cibo e acqua potabile.

Il rischio di epidemie di diarrea e di altre malattie è infatti elevato perché l’acqua potabile è contaminata da liquami, secondo la Pan American Health Organization, che ha descritto la situazione di Abaco come «disperata». L’Onu ha stimato che 70mila persone hanno urgente bisogno di cibo, acqua e riparo nelle isole, dove molti negozi e supermercati sono stati saccheggiati. Il World Food Program delle Nazioni Unite ha organizzato un ponte aereo da Panama con generatori e uffici prefabbricati, nonché attrezzature satellitari per i soccorritori e otto tonnellate di pasti pronti. La mobilitazione è scattata a livello internazionale e molte star del mondo dello spettacolo si sono impegnate a inviare aiuti. Man mano che l’acqua si ritira emergono infatti anche le dimensioni del disastro dal punto di vista economico. Le prime stime indicano danni per 7 miliardi di dollari e perdite «catastrofiche».

Moltissime strutture alberghiere dovranno fare i conti con il caos creato dall’invasione di onde di oltre cinque metri e dai violentissimi venti. Le autorità hanno lanciato un appello affinché i turisti, la prima risorsa economica delle Bahamas, continuino ad arrivare nelle isole risparmiate dalla furia dell’uragano, come Nassau, Paradise Island o Out Islands. Nel frattempo Dorian, indebolitosi a categoria 1, prosegue la sua marcia verso nord e ha toccato terra in North Carolina, flagellando la costa con forti venti e piogge. Circa 300mila persone sono rimaste al buio tra North e South Carolina.

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