lunedì 4 aprile 2022
La coalizione composta dal partito di governo Fidesz e da Kdnp ha preso circa il 55% dei voti. I 6 partiti di opposizione messi insiemesi attestano al 32-33%
Orban stravince per la quarta volta: "Ho vinto contro tutti"

Ansa

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È nell'aria gelida di Budapest che Viktor Orbán si presenta, poco dopo le 23 di ieri sera, per rivendicare la sua vittoria. A spoglio ancora in corso ma con numeri ormai chiarissimi, il premier fieramente "illiberale", il più grande alleato di Vladimir Putin nell'Unione Europea, annuncia di aver vinto "contro tutti". E in quel "tutti" include esplicitamente nell'elenco anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che per due volte lo aveva esortato a schierarsi con Kiev, smascherando la presunta equidistanza di Orbán rispetto al conflitto.

"Siamo per la pace", è stato il mantra di Orbán nella campagna elettorale che ha rinnovato ieri il Parlamento ungherese. Uno slogan che gli è servito per restare in un complicato (ma alla fine vincente) equilibrio tra la sua alleanza filo-russa di lunga data e l'appartenenza all'Ue e alla Nato. Oltre a Zelensky, Orbán ha citato nel suo discorso della vittoria "i burocrati di Bruxelles", "l'impero Soros", "il globalismo", "i media internazionali", fino ad arrivare all'opposizione che, per la prima volta, aveva formato una vasta ed eterogenea coalizione pur di batterlo: non è servito.

Il sodalizio composto da Fidesz, il partito del premier sovranista, ormai al quarto mandato consecutivo e al quinto in assoluto, e dai cristiano-democratici di Kdnp si è aggiudicato il 53,1% dei voti (+3,8% rispetto a quattro anni fa). L'opposizione unita, guidata dal candidato economista Peter Márki-Zay, si è fermata invece al 35%. In termini di seggi, il partito di Orbán ha conquistato anche la super-maggioranza necessaria a cambiare la Costituzione, conquistando 134 seggi su un totale di 199, contro i 58 dell'opposizione. In Parlamento entra anche MiHazank, formazione di estrema destra che si è aggiudicata 7 seggi. L'affluenza alle urne si è attestata al 67,8%, in leggero calo rispetto a quattro anni fa.

"Prima l'Ungheria", sono state ancora le parole di Orbán nella notte di Budapest, uno slogan che riecheggia quell'"America first" di Trump, che non a caso non aveva fatto mancare al premier ungherese il suo endorsement. "Fidesz rappresenta una forza conservatrice patriottica e cristiana. È il futuro dell'Europa", ha insistito Orbán . Dopo una campagna elettorale iniziata sui temi interni e incentrata anche sulla difesa della famiglia tradizionale, il dibattito politico è stato travolto dalla guerra in Ucraina. Per l'opposizione il voto rappresentava una scelta netta tra l'Occidente e la Russia.

Orbán , che di recente si era garantito una fornitura per altri 15 anni di gas russo a buon mercato e che proprio a Mosca ha appaltato l'allargamento di un importante centrale nucleare, ha detto sì alle sanzioni occidentali, ma ha opposto un fermo diniego all'eventualità di allargare le misure anche al settore energetico. Ha inoltre vietato il transito di armi Nato verso l'Ucraina direttamente dal territorio ungherese: "Diventeremmo un obiettivo", la sua posizione, "siamo per la pace", lo slogan su cui ha sapientemente battuto per rinsaldare la sua rielezione. Orbán non ha mai condannato Putin, lasciando anzi che a fare il gioco sporco fossero i media di Stato, che per settimane hanno dato ampio spazio alla propaganda russa. Sull'altare dell'alleanza con Mosca, Orban ha così anche spaccato il gruppo di Visegrad, l'alleanza con Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia che spesso in questi anni aveva fatto blocco contro le politiche di Bruxelles su temi come l'immigrazione e lo stato di diritto.

Márki-Zay, dal canto suo, ha riconosciuto la sconfitta, ma con parole di denuncia molto amare: "In un sistema ingiusto e disonesto come questo non potevamo fare di più". Tra gli elettori, secondo l'opposizione, ha serpeggiato la paura di essere trascinati nel conflitto. Così come un ruolo potrebbero aver avuto i tanti sussidi distribuiti in questi anni dal governo e il timore di un aumento considerevole dei costi energetici in caso di rottura con Mosca, davanti a un'inflazione che già ora è ai massimi dagli ultimi 20 anni. "È una vittoria così grande che si vede dalla Luna. E di certo da Bruxelles", è stata la sferzata notturna di Orbán , a cui l'Ue aveva anche congelato oltre 7 miliardi di euro del Pnrr per un contenzioso sullo stato di diritto. L'Ungheria, per i prossimi quattro anni, ha scelto da che parte stare.

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