sabato 7 dicembre 2013
Cantano vecchie canzoni di lotta e camminano intonando gli slogan che fecero di Soweto uno dei maggiori centri nella lotta all’apartheid. Così uno dei sobborghi più poveri dell’intero Sudafrica rende omaggio al suo comandante, Nelson Mandela. 
Madiba, l'uomo del plurale di Giulio Albanese
La Chiesa e l'apartheid
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Cantano vecchie canzoni di lotta e camminano intonando gli slogan che fecero di Soweto uno dei maggiori centri nella lotta all’apartheid. Così uno dei sobborghi più poveri dell’intero Sudafrica rende omaggio al suo comandante, Nelson Mandela. «Ovunque sia posso assicuravi che ci guarda e sorride», dice Kabelo Noe, 39 anni, una delle centinaia di persone che dall’altra notte non si allontana dalla casa dell’ex presidente. La nazione arcobaleno veglierà per altri otto giorni il padre della patria. Fino al 15 dicembre, data stabilita per i funerali. Mandela, morto l’altra notte all’età di 95 anni, sarà ricordato in tutto il Paese con ossequi e cerimonie che accompagneranno l’ex presidente fino a Qunu, il villaggio in cui è cresciuto e dove sarà infine seppellito. Il presidente Jacob Zuma, colui a cui è toccato annunciare in tv la morte di Madiba, ha indetto una settimana di lutto nazionale, lutto che includerà anche un giorno di preghiera domenica e una celebrazione allo stadio di calcio di Johannesburg martedì prossimo.Da Soweto a Mosca, da Oslo a Washington, tutto il mondo ha reso nelle ultime ore un omaggio commosso a Mandela, omaggio che si potrà rendere da oggi anche nelle sedi diplomatiche sudafricane, che apriranno i libri delle condoglianze e terranno le bandiere a mezz’asta. Ieri la salma dell’ex premio Nobel per la pace è stato prelevata dalla sua abitazione di Johannesburg per essere trasferita in un ospedale militare a Pretoria. Uno dei primi rituali per Madiba sarà celebrato dai capi tribali africani che si riuniranno per la tradizionale cerimonia della “chiusura degli occhi”, destinata a facilitare il “passaggio nell’aldilà”.Gli eventi pubblici cominceranno ufficialmente nel sesto giorno dalla morte, mercoledì, quando la salma sarà trasferita nella sede del governo sudafricano, dove resterà esposta per tre giorni. Il 14 dicembre il trasferimento a Mthata, nel sud, la città principale della provincia sudafricana di Eastern Cape. Poi, da lì, lo spostamento a Qunu, dove si svolgeranno i funerali di Stato alla presenza di capi di Stato da tutto il mondo e di una folla che si annuncia oceanica. Mandela sarà sepolto in un’area cimiteriale creata appositamente per lui, circondata da rocce, piante resistenti e dalle aloe color arancio, simbolo del suo spirito indomito.Da anni, segretamente, governo, forze armate e familiari lavoravano nei minimi dettagli ai piani per i funerali di Mandela. Negli ultimi mesi le sue condizioni di salute erano velocemente peggiorate. A giugno l’ex presidente era stato ricoverato in ospedale a Pretoria in condizioni gravi, a causa del riacutizzarsi dell’infezione polmonare che già in passato l’aveva colpito. Il ricovero era terminato dopo quasi tre mesi di cure intensive.Proprio in quelle settimane erano tornate a galla le frizioni tra i membri del suo grande clan, ai quali tocca non solo gestire la memoria spirituale del grande leader, ma anche la spartizione dei 30 milioni di euro di eredità, oltre che i diritti sull’immagine. Mandela lascia tre figlie, due mogli e diciotto nipoti, divisi in almeno tre fazioni: la prima è guidata da Makaziwe, figlia del primo matrimonio con Evelyn Mase, morta nel 2004; poi c’è Winnie, seconda moglie di Madiba, insieme alle figlie Zenani e Zindzi; e, ancora, il nipote Mandla, capo clan di Mvezo (che si sarebbe garantito 200mila euro dalla Cnn per i diritti tv sul funerale). Infine c’è Graca, la terza moglie, quella che più ha cercato di ridurre le tensioni fra le varie parti della famiglia.Resta poi il nodo della grande eredità politica lasciata sia al Sudafrica che al mondo intero da Mandela, spendente esempio di chi non solo non ha mai smesso di lottare per la libertà, ma anche di chi ha saputo farsi da parte dopo appena un mandato al potere e di chi ha puntato tutto sulla riconciliazione dopo gli anni bui dell’apartheid. L’African national congress (Anc) del presidente Zuma è stato abile a presentarsi come unico vero erede di Madiba e cercherà di sfruttare questo vantaggio anche in vista delle elezioni del prossimo anno. Eppure sono molti coloro che giudicano incompleto il percorso compiuto in questi anni dal Sudafrica, Paese contraddistinto da profonde disuguaglianze. Per i suoi vecchi compagni dell’Anc, Mandela è stato «un colosso, un esempio di umiltà, uguaglianza, giustizia, pace e speranza per milioni di uomini e donne». Per i molti nati dopo la fine del razzismo di stato e per quelli che ricordano i tempi dei ghetti, del massacro a Soweto nel 1976, delle lotte dell’Anc, l’immagine di Mandela è impossibile da cancellare. Ma ci vorrà ancora tempo prima che il sogno del padre della patria possa realizzarsi davvero.
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