sabato 29 ottobre 2022
L'Ulster ribolle pericolosamente. La crisi innescata dagli unionisti del Dup, che si rifiutano di co-governare con i nazionalisti dello Sinn Feinn, è sempre più acuta. E inguaia il governo di Londra
Il palazzo del Parlamento a Belfast, Irlanda del Nord

Il palazzo del Parlamento a Belfast, Irlanda del Nord - Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

L’Irlanda del Nord ribolle pericolosamente. La crisi innescata dagli unionisti del Dup, che si rifiutano di co-governare con i nazionalisti dello Sinn Feinn, è sempre più acuta. Ieri, il ministro britannico per l’Ulster, Chris Heaton-Harris, ha certificato il fallimento definitivo dei negoziati che avrebbero dovuto portare alla formazione di un nuovo esecutivo già nel maggio scorso. Ma ha rinviato alla prossima settimana i dettagli sulla tempistica della consultazione che, per legge, è adesso tenuto a chiamare. Mossa inaspettata.

Perché aspettare, ci si chiede, visto che l’ultimatum dato ai partiti locali per trovare una soluzione all’impasse è già scaduto giovedì a mezzanotte? Una data possibile, il 15 dicembre, era del resto già circolata. La vicepresidente di Sinn Feinn, Michelle O’Neill, designata alla premiership, ha accusato Londra di una “bizzarra inversione a U” che rende il cul-de-sac in cui Belfast è scivolata sempre più soffocante. Alla fragile pace su cui si regge l’Irlanda del Nord, uscita da una guerra civile “appena” 24 anni fa, non fa bene lo stallo allo Stormont ma neppure la prospettiva di una nuova tornata elettorale.

Nella migliore delle ipotesi, non risolverebbe nulla. Nella peggiore, potrebbe alimentare ulteriormente la tensione tra i partiti. In rotta di collisione soprattutto dopo lo storico sorpasso dei nazionalisti filo-irlandesi sui lealisti alla madrepatria britannica. Sempre che il neopremier Rishi Sunak, alle prese con una grana pericolosa quanto la finanziaria, non riesca nel frattempo a strappare all’Ue l’aggiustamento al protocollo post Brexit che il Dup esige per porre fine all’ostruzionismo. La paralisi è il prezzo della pace del Venerdì Santo a cui molti, adesso, vorrebbero fare il tagliando.

Il politologo Arend Lijphart, teorico del meccanismo di condivisione del potere alla base dell’intesa del 1998, era consapevole dei limiti del «modello consociativo» di governo su cui si basano i Paesi feriti da un conflitto civile.

Ma riteneva che non ci fossero alternative democratiche. La crisi in corso, che Brexit ha solo esasperato, pare stia dando ragione a quanti avevano previsto che il design di co-governo, simile a quello in vigore in Bosnia o Libano, avrebbe avvicinato l’Irlanda del Nord al fiume della pace ma non gli avrebbe dato gli strumenti per berne l’acqua.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI